Elena Nencini
Gli hanno detto che ci voleva uno nato a Casablanca per raccontare una storia così, una storia che attraversa mezzo secolo di storia afroamericana: Rèda Zine, regista/autore marocchino trapiantato a Bologna da qualche anno, ha incontrato, quando Obama divenne presidente, Tony King alias Malik Farrakhan che all'epoca era la guardia del corpo del gruppo rap Public Enemy. Ne è nata una storia che il regista ha raccontato in The long road to the hall of fame (2014) e che sarà presentato al Cisim di Lido Adriano presenta venerdì 22 gennaio alle ore 21 per «Altrove», rassegna di documentari che vuole indagare le sfumature della diverse identità, dell'appartenenza e della migrazione, dalla provincia veneta agli Stati Uniti.
Zine definisce così Tony Kings «un uomo che sembrava aver vissuto diverse vite parallele», è stato uno tra i primi professionisti di colore – ai tempi della segregazione razziale - della lega NFL, la National Football League, insieme al fratello Charles, poi ha fatto l'attore (cercate nel film Il Padrino l'unico attore nero), infine la Nation of Islam (movimento afroamericano islamista) lo assegna come guardia del corpo a Chuck D, leader dei Public Enemy. Il documentario attraversa mezzo secolo di storia afroamericana.
The long road è una produzione indipendente, realizzata senza finanziamenti istituzionali ma unicamente grazie al lavoro e al sostegno di studio Undervilla di Bologna e Duna Studio di Russi.
Chiediamo a Andrea Scardovi di Duna Studio come è stato questo lavoro.
Scardovi come è entrato in questo progetto?
«Ho sempre fatto hip pop e seguito tutto quello che riguarda il mondo della musica in questo settore. In studio di registrazione ho conosciuto il chitarrista cantante marocchino Reda Zine, che frequentava anche lui il mondo dell'hip hop. Mi ha raccontato di come aveva conosciuto Tony King ad un concerto dei Public Enemy e di come era stato colpito dalla sua storia, Da una piccola idea è nato questo documentario che attraversa trasversalmente la storia afroamericana».
Perchè avete deciso di sostenere una produzione indipendente?
«A tutti i componenti del team tecnico che è stato coinvolto tutti piacciono i Public Enemy e si sono appassionati al lavoro, con una grande collaborazione. Per me come studio di registrazione è stata una scommessa ma anche un modo per cominciare a lavorare in questo circuito. Penso che sia un buon biglietto da visita per altri lavori. Fabrizio Puglisi invece ha realizzato la parte musicale, ha registrato e messo a punto l'audio di lungo e cortometraggio. E poi i Public Enemy hanno inciso in America la canzone Kings e ce l'hanno mandata. Con Reda è nata un'amicizia e si sentono abbastanza spesso, tutte le volte che vengono in tour in Europa Réda cerca di incontrarli. Undervilla invece si è occupato del montaggio dei video realizzati dal regista».
Gli altri appuntamenti con la rassegna Altrove saranno il 19 febbraio con Piccola patria di Alessandro Rossetto, il 25 marzo The great white silence di Herbert Ponting, 15 aprile Bobby Fisher against the world di Liz Garbus.