Volley A2, la Consar Ravenna va all'attacco della capolista: da eliminare gli ultimi blackout
Marco Ortolani
L’inopinata sconfitta della Consar ad Aversa rilancia almeno due argomenti «vintage» e uno di più stretta attualità tecnica. Il concetto di «campo caldo del sud» è stato annacquato completamente dalla globalizzazione degli ultimi due decenni. Ma chi ha qualche anno di più può ricordare cosa volesse dire entrare nello stadio di Catania o di Avellino o, per le pallavoliste della Teodora, nelle palestre siciliane di Caltagirone o Giarratana. Ad Aversa la Consar ha trovato un ambiente «Anni Ottanta», con un pubblico turbolento e un fattore campo significativo. Niente di rilevante per l’ordine pubblico, un semplice «casino», che ha reso bollenti alcune fasi di gioco, con Bonitta (abile in queste situazioni) a far da accentratore di ogni ostilità, cercando di preservare i suoi ragazzi. Del resto la A2 è territorio di piccole località: delle 14 partecipanti solo 6 sono capoluogo di provincia (Brescia la più popolosa) e 6 hanno meno di 30mila abitanti (la capoclassifica Grottazzolina solo 3mila). Il videocheck ha permesso di eliminare dozzine di errori fatali, in uno sport dove la palla corre così veloce. In passato la sensazione di giocatori, allenatori, tifosi e anche giornalisti era quella che una partita su due fosse condizionata dal fattore arbitrale. Ora i temi di discussione sono talmente pochi che è difficile aggrapparsi al seggiolone per giustificare una sconfitta. Ad Aversa però il malfunzionamento degli apparati ha lasciato l’impressione di almeno due punti sanguinosi scippati ai ravennati in momenti topici. In un caso Bonitta ha dato fondo al suo repertorio di astuzia eccedendo in proteste, beccandosi il fallo tecnico, ma dando alla squadra la scossa che ha permesso (da 0-1 e 4-9) di passare a condurre. Tecnicamente la Consar ha il problema dei blackout. Riesce a giustificare il suo ruolo di squadra di alta classifica ma poi, soprattutto negli ultimi tempi e soprattutto nei quinti set, arriva il crollo, soprattutto di ricezione e attacco in banda. Ad Aversa è costato due punti per la classifica che sembravano agguantabili. La conquista del posto playoff è risultato ormai aritmeticamente raggiunto e obiettivamente poco in discussione durante tutto l’anno. Chi è vintage ricorda la covata ravennate nata a metà degli anni Sessanta (Margutti, Moretti, Mambelli, Rusticali, Maretti, Valmorri, Ugolini, con coach Ricci, ds Brusi tutti ravennati e sponsor romagnolo Mokarica) che portò Ravenna in A1 e quella nata a metà degli Ottanta (Mengozzi, Sirri, Tabanelli, con Casadio presidente, Babini allenatore e Marcegaglia sponsor) che colse lo stesso traguardo. I magnifici figli dei primi Duemila (Bovolenta, Orioli, Mancini) hanno ancora la possibilità e il dovere di provarci fino in fondo a partire da domenica, con la supersfida alla capolista Grottazzolina. Ancora una volta con coach e sponsor ravennati.