Nuovi libri locali sul «Baratto», il Tribunato, i partigiani, i miti e la poesia

Ravenna | 25 Giugno 2017 Cultura
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Federico Savini

E’ sempre fiorente, in Romagna, la produzione letteraria e saggistica che per oggetto ha… la Romagna! Le ragioni sono molteplici, quelle storico-culturali s’intente, spesso indagate anche sulle nostre pagine dedicate alle «Tradizioni», e venendo al sodo il risultato è che in Romagna i libri di argomento romagnolo, beh, si vendono anche piuttosto bene.

Non è quindi un caso che, al momento di festeggiare il suo primo quarto di secolo di attività l’editore cesenate Il Ponte Vecchio abbia pubblicato La Romagna del mito, antologia di scritti di «grandi giornalisti, saggisti e scrittori» dedicata proprio a quella mitopoiesi in cui i romagnoli sono maestri. Curata dall’editore Roberto Casalini, la raccolta mette in fila pagine che vanno dal «forestiero» Enzo Biagi ad Aristarco, esaltatore di vizi e virtù dei romagnoli che ha pubblicato alcuni «best seller» della casa editrice, fino ad autentici monumenti della nostra storia come Aldo Spallicci e Olindo Guerrini. Nelle asprezze della critica come nelle rappresentazioni divertite, maliziose, ironiche e affettuose dei grandi scrittori, l’antologia cerca di contribuire alla costruzione del futuro di una Romagna ben adagiata su un ricco passato.

E ha decisamente a che fare con la «mitologia territoriale» anche Quella strana idea di Romagna (Minerva), corposo saggio che la giornalista di Cervia Letizia Magnani ha dedicato al Tribunato di Romagna e ai suoi primi «senatori»: Altro Dolcini e Max David. Probabilmente il più lungo libro dedicato all’universo guascone, godereccio e almeno in parte controverso del Tribunato, punto di riferimento per la Romagna vinicola e responsabile del definitivo ingresso del Passatore (con l’iconografia calabrese così lontana dal suo vero aspetto) nel pantheon dei miti di Romagna. Che le idee e la folle avventura del Tribunato abbiamo contribuito a definire lo sviluppo dell’immaginario romagnolo degli ultimi 50 anni è però indubbio e la Magnani inquadra bene il ruolo di trait d’union che il «Senato» di David e Dolcini si ritagliò dalla fine degli anni ’60, quando la Romagna contadina diventava metropolitana, univa le campagne arcaiche e la riviera arrembante, le iconografie di Spallicci con le esigenze del turismo di massa. Il tutto è corredato da interviste con Walter Della Monica, Andrea Emiliani, Luca Goldini, Andrea Dolcini e altri.

Un vero e proprio «pezzo di storia» è poi la nuova ristampa anastatica di Maria Stella ovvero cambio criminoso di una bambina del più alto rango con un fanciullo della più vile condizione, volume del 1833 riprodotto con nuovi saggi critici e copertina dalla Tipolitografia Fabbri, che venerdì 23 alle 21 sarà presentato alla Bottega Bertaccini di Faenza. Si tratta del libro che, a sue spese, pubblicò in vita Maria Stella Chiappini, in qualche modo un testo «fondante» per la celebre vicenda del Baratto di Modigliana, qui arricchito con nuovi contributi storici di Enzo Staffa, Luigi Rivola e Francesco Fabbri. Nell’aprile del 1773 il palazzo Pretorio di Modigliana ospita una coppia di nobili francesi, i Conti di Joinville. La contessa è incinta e nello stesso palazzo vivono Lorenzo Chiappini, guardia carceraria, e sua moglie Vincenza Diligenti, anch’ella prossima al parto. Il 16 aprile nasce la figlia dei Chiappini, Maria Stella; in quei giorni era nato anche un figlio maschio ai conti di Joinville. A Modigliana si comincia già a mormorare insistentemente di un «baratto», anche perché dopo la nascita della figlia Lorenzo Chiappini dimostra improvvise e inspiegabili, quanto consistenti, disponibilità economiche. Da qui si dipana una vicenda arcinota nel paese, con Maria Stella che scoprirà di essere figlia non già di un conte, ma addirittura di Luigi Filippo d'Orléans, che mai la riconoscerà. Il suo libro, al tempo, fu un grande successo editoriale, anche al di fuori dell’Italia.

Sempre la storia, ma una storia davvero poco conosciuta, è protagonista di Orlando, un romagnolo partigiano in Piemonte con le formazioni badogliane (Edizioni Moderna), libro che Stefano Sante Cavina ha dedicato al padre, partigiano badogliano che, appena ventenne, passò dalla prigionia in Germania a una trasferta a Stoccarda, prima di tornare in Italia per arruolarsi nella 103ª Brigata Autonoma Amendola. Un omaggio a un padre ma anche a un «eroe silenzioso» della Resistenza, raccontato con una formula originale e tre parti distinte: una narrativa, quasi romanzata, una più dettagliatamente storica e ricca di testimonianza e, nel centro, un vero «Diario di guerra».

Infine, si è dedicato alla poesia in dialetto romagnolo il giornalista russiano (ma da sempre legato a Faenza) Elio Pezzi. La sua raccolta poetica Intignacvël (Itaca) raccoglie brevissime composizioni, in dedica a Giovanni Nadiani e con una prestigiosa prefazione di Gianfranco Lauretano. «Qui si cerca non una teoria, né una filosofia che risolva il mistero del mondo – scrive Lauretano -. No. Si cerca un punto d’amore, che rompa la solitudine, costruisca una comunità e permetta di avanzare verso la speranza ulteriore, un punto che sia concreto e sensibile, un volto: “Ades al sò, a irch ’na faza”».

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