Prima italiana per La vittoria sul sole, mercoledì 21 giugno al Teatro Alighieri, ore 21, è l'opera d'arte 'totale' del Futurismo russo ossia il gruppo di artisti della Soyuz Molodyozhi - Unione dei Giovani. Totale perché univa tre arti: pittura, musica e poesia, e vedeva le migliori menti del futurismo russo. Nel luglio del 1913 si incontrarono in Finlandia tre esponenti dell'avanguardia russa: il poeta Aleksej Kručenych, il compositore Mihail Matjušin ed il pittore Kazimir Malevič. L'incontro venne seguito da un manifesto in cui si annunciava la creazione di un'opera-mistero intitolata Vittoria sul Sole. Un'opera teatrale, di cui Kručenych avrebbe scritto il testo, Matjušin composto la musica, e Malevič disegnato scenari e costumi. Un altro poeta, Velimir Chlébnikov, ne scrisse il prologo. L'opera andò in scena il 3 e il 5 dicembre 1913 a Pietroburgo, dividendo il pubblico fra spettatori entusiasti e quelli indignati. Il sipario non si sollevava, veniva squarciato su uno scenario in cui campeggiava per la prima volta il “quadrato nero” di Malevič che sarebbe poi diventato simbolo del Suprematismo. Qui entravano in scena i protagonisti di un'opera dai toni assurdi, drammatici e patetici assieme — perfetta espressione del linguaggio «transmentale» caro a Kručenych — in cui si annuncia l'annientamento dell'obsoleta logica terrena, simboleggiata dal Sole, e la realizzazione di un futuro che superava i limiti della comprensione umana. Vittoria sul Sole non ebbe repliche, né recensioni.
Kručënych era impegnato nella scomposizione del linguaggio per liberarlo dalle pastoie dei vecchi significati, verso una poesia a-logica e a-grammaticale, il compositore Matjušin alle parole risponde con suoni intrisi di quarti di tono e dissonanze affidati a due pianoforti, infine Malevič (sue le scene ma anche i costumi) che proprio in questa opera, con il “quadrato nero” del fondale, inaugura quello che sarà il Suprematismo.
Risultato, un vero e proprio esperimento di opera d’arte totale che però, dopo le prime due rappresentazioni (inframezzate dalla messa in scena della tragedia Vladimir Majakovskij di Majakovskij – per dire, il fervore di quei mesi), non sarà più ripreso, se non esattamente un secolo dopo, nel 2013 dal Teatro Stas Namin di Mosca, nello straordinario allestimento ripreso due anni dopo a Parigi, dalla prestigiosa Fondazione Louis Vuitton (in occasione di una straordinaria mostra dedicata a Matjušin) e ora in scena in prima nazionale al Teatro Alighieri per Ravenna Festival.