Giacobazzi in piazza Garibaldi sabato primo luglio con «Io ci sarò»

Cervia | 01 Luglio 2017 Cultura
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Federico Savini

«Dalla “mia” Alfonsine passo spesso perché faccio le “strade basse” per andare al mare, anche se mi ci fermo raramente. Vivo da tanto tempo a Bologna, ma c’è poco da fare, la romagnolità ti rimane addosso, è qualcosa che non si perde. E’ proprio impossibile. E per fortuna». Magari attraverserà proprio le «strade basse» Giuseppe Giacobazzi, per andare a Cervia sabato primo luglio. Qui, il comico romagnolo più «nazionale» degli ultimi anni salirà sul palco alle 21 con il suo nuovo monologo Io ci sarò (ingresso 28-34 euro). «Da novembre abbiamo fatto 67 repliche, sempre esaurite in tutta Italia - dice Giacobazzi -. Contro ogni aspettativa lo spettacolo sta andando benissimo…».

Beh, «contro ogni aspettativa» forse è eccessivo…

«Magari sembra falsa modestia, ma ti assicuro che ogni volta che vai in scena con battute nuove di fronte a centinaia di persone le certezze vacillano. Io poi non sopporto quelli che hanno troppe certezze, per cui figurati…».

E’ uno spettacolo dedicato alla posterità. Nel precedente Un po’ di me raccontavi molto di te stesso. Si riparte da lì?

«Sì, comincia proprio dove finiva quello spettacolo, dalla nascita di mia figlia Arianna (nata grazie alla fecondazione assistita, parlarne a lungo e con toni commossi in un monologo comico è stato uno snodo importante nella carriera di Giacobazzi, nda). Ho 50 anni in più di mia figlia, forse non riuscirò a vedere i miei nipoti e quindi proprio ai nipoti mi rivolgo. L’idea è girare un video per loro e ogni sera sul palco lo facciamo. Cerco di raccontare ai miei nipoti, con un po’ di anticipo, chi era il loro nonno e com’era la mia generazione. Cosa avevamo e cosa ci mancava».

Oggi si parla tanto di confronto generazionale. Nel tuo caso nasce soprattutto da un’esigenza personale?

«Penso che in generale il confronto tra le generazioni sia importante. Da una parte io sento quasi il dovere, ma onestamente un po’ anche il bisogno, di raccontarmi senza fronzoli. E al tempo stesso cerco di ascoltare le nuove generazioni senza pregiudizi. Ci sono esperienze negative che ho vissuto e penso sia giusto tramandare la cosa, ma voglio evitare giudizi e consigli, non sopporto chi se ne riempie la bocca. Questo è il quarto spettacolo nel quale mi permetto di fare delle riflessioni che vadano oltre le risate. Penso che l’età porti con sé l’esigenza di raccontarsi»

Insomma, la maturità è una brutta bestia?

«Gli ottimisti la chiamano maturità! Il confine con la vecchiaia è davvero molto labile, attenzione…».

Nello spettacolo si parla anche di eroi. Chi sono gli eroi di oggi?

«In scena parlo soprattutto di supereroi, con tutti gli spunti comici del caso, ma direi che gli eroi di oggi sono quelli che stanno alle regole e rispettano gli altri. La filosofia del furbo è tristemente imperante, è una cosa che mi fa arrabbiare, anzi “arrabbiare” non è la parola giusta…».

Tornando al confronto generazionale, segui i nuovi comici di youtube?

«Sì, senza continuità ma non li snobbo affatto. C’è grande fermento in rete, oggi, e tanta carne al fuoco. Chiaramente ci sono le meteore che spariranno con la crescita anagrafica del loro pubblico ma, come sempre, il tempo ci dirà chi vale davvero e da qualche anno abbiamo sotto gli occhi tanti casi di successo di personaggi usciti splendidamente dalla rete. I social network permettono oggi quello che i capelli grigi della tv non permetterebbero più ai giovani. Il caso della musica è il più eclatante, in tv si sono inventati i talent show per non rischiare con nuovi cantanti da lanciare da zero. Oggi per i giovani c’è davvero solo la rete. Una volta la tv per i comici era il trampolino di lancio, ma con la decadenza della comicità televisiva, la chiusura di quasi tutti i locali che facevano cabaret e persino il calo delle sagre l’unico modo per farsi le ossa e attirare pubblico è proprio youtube. L’evoluzione del tipo di comicità ha a che fare anche con queste nuove modalità».

La tv non sembra esattamente al centro dei tuoi interessi…

«No, non lo è e non lo è mai stata. Devo molto a Zelig ma quella trasmissione era speciale. Ho fatto solo Zelig perché era davvero vicinissima al teatro: si fa su un palco vero, con il pubblico pagante, etc… Quello che mi interessa, insieme alla radio, è proprio il teatro. Non ha filtri e il tempo lo detto io. Si va in scena senza maschera e il confronto diretto con il pubblico ha proprio un altro sapore, oltre a una certa imprevedibilità».

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