Neropsichiatria infantile: 3700 casi in carico all'Ausl, tante le patologie. La parola alla dott.ssa Savoia

Ravenna | 21 Gennaio 2017 Cronaca
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Federica Ferruzzi - Sono circa 4300 le cartelle aperte in capo all’Ausl per quanto riguarda i ragazzi che manifestano disturbi neurologici e psichici in provincia di Ravenna. Le effettive prese in carico sono oltre 3700, ma il problema è in aumento. A raccontare i disagi dei ragazzi e delle loro famiglie è Valeria Savoia, responsabile del servizio di neuropsichiatra infantile del distretto Ausl di Ravenna, che riporta numeri e dati di un reparto che fa fronte a problemi diversi. Savoia, quante sono le richieste che vi giungono annualmente? «Nel 2015, a livello provinciale, abbiamo ricevuto 717 richieste di valutazione per disturbi dell’apprendimento; di queste 411 sono state nel distretto di Ravenna, a cui fanno capo anche Cervia e Russi. Nel 2016 ci sono state 606 richieste, di cui 302 hanno riguardato il distretto. Parliamo di numeri molto significativi, che progressivamente stanno aumentando». Sono aumentate anche le certificazioni scolastiche? «Sì. Per quanto riguarda le certificazioni, la prima normativa è stata la legge 104 del ‘92, che ha stilato una definizione di handicap individuando una serie di diagnosi, che vanno dalla disabilità cognitiva grave al grave handicap fisico, dalle sindromi genetiche ai disturbi neurosensoriali, dalle patologie psichiatriche alle problematiche comportamentali. Ad un certo punto, però, si sono dovuti distinguere i problemi di handicap da quelli specifici di apprendimento e, nel 2010, è stata promulgata la legge 170, che introduce il concetto secondo cui esistono bimbi che hanno diritto ad un percorso specifico non medicalizzato. Molti ragazzi hanno difficoltà di apprendimento, che si articolano in disturbi di lettura, scrittura e abilità del calcolo. Si tratta di una diagnosi multiprofessionale: un primo inquadramento viene effettuato dal neuropsichiatra e da uno psicologo, mentre una parte più tecnica viene svolta da logopediste. Un percorso che, compresa la stesura della relazione, richiede non meno di otto ore di lavoro per ogni caso». I bambini in tenera età sono gli utenti principali? «No, direi piuttosto il contrario. Ci sono molti ragazzi delle superiori che arrivano al servizio per una prima valutazione: si tratta di persone che per anni hanno avuto un rendimento scolastico non ottimale ma che ad un certo punto non sono più riusciti a stare al passo con i compagni. Un’altra fascia frequente sono i bambini di prima media: finchè erano alle elementari hanno trovato strategie di funzionamento, ma una volta giunti alle medie sono rimasti indietro. L’utenza che, paradossalmente, si è maggiormente ridimensionata, è forse quella dei bambini piccoli». Forse alle elementari la valutazione è aumentata... «Senza dubbio la scuola primaria seleziona maggiormente i casi da segnalare, anche se ci troviamo a dover fronteggiare molte richieste. Le difficoltà che gli insegnanti devono affrontare sono tante. Se, da un lato, c’è l’ansia dei genitori, dall’altro c’è una forte disomogeneità della popolazione scolastica. Molti bambini stranieri, per ovvi motivi, hanno un livello di apprendimento basso, mentre per altri l’approccio alla scuola, e ai nuovi tempi che questa impone, è difficoltoso. Noi siamo il sostegno della scuola, che deve gestire una situazione complicata, il turn-over degli insegnanti e le classi numerose». Aumentano anche i disturbi del comportamento. Qual è il vostro approccio? «Una delle problematiche emergenti, rispetto a cui anche il Comune è allertato, sono i disturbi del comportamento, che sono difficili da classificare: dal bimbo che non accetta le regole fino ad un crescendo di sintomaticità diverse. Si tratta di una tipologia di problemi che una volta aveva una rappresentazione numerica circoscritta. Negli ultimi anni questo disturbo sta emergendo sempre di più, tanto che l’assessore all’istruzione del Comune di Ravenna ad inizio anno ha convocato un tavolo con operatori dedicati per affrontare il problema». Tra le patologie, pare che l’autismo sia in aumento... «Si tratta di un problema venuto all’attenzione generale anche perchè dal 2008 la Regione ha licenziato programmi speciali che contengono forti richiami per approntare percorsi di prese in carico adeguati. Si tratta di una patologia in aumento soprattutto per bimbi molto piccoli, solitamente di età compresa tra i 18 e i 24 mesi. Attualmente sono circa 160 i casi in carico nella fascia 0-18 che arrivano o tramite segnalazione del pediatra, oppure con una diagnosi di invio di disturbo del linguaggio. Nel 2016 le richieste sono state 276 che, se sommate alle 606 prese in carico, toccano le 882 utenze. Per questo già a fine 2015 abbiamo approntato un percorso dedicato. Tutte le settimane sono attivi due ambulatori per distretto che cercano di snellire i passaggi per la valutazione e le liste di attesa. Si tratta di un problema che sta attirando molte delle nostre risorse e anche la direzione dell’Ausl si è impegnata garantendo, a partire dagli ultimi mesi dello scorso anno, trattamenti educativi domiciliari nella fascia 0-6 anni. In questo ci stiamo lentamente uniformando a Rimini, modello di riferimento sul territorio». Si rilevano differenze sul territorio? «La centralizzazione su Ravenna favorisce la gestione del servizio, anche se negli altri due distretti di Lugo e Faenza si ravvisa una grossa frammentazione territoriale. Da un lato questo permette a molti utenti di mantenere il servizio più vicino, dall’altro la dispersione degli operatori frammenta il servizio. In proposito, penso proprio che le case della salute potranno portare ad un miglioramento della situazione».
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