Coop. Raviplast, il primo anno è meglio del previsto

Ravenna | 24 Aprile 2015 Economia
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«Il bilancio è incoraggiante e positivo perché conferma un primo d’anno d’attività che viene concluso meglio del previsto, come rilevato in corso d’opera. Soprattutto abbiamo dimostrato che esiste un patrimonio industriale e professionale capace di stare sul mercato come dimostra il fatto che i ricavi sono superiori del 15% rispetto al budget nel piano triennale e la cooperativa è in grado di trovare clienti». Carlo Occhiali, amministratore delegato di Raviplast, presenta così il primo bilancio della cooperativa nata dalle ceneri della Pansac grazie a un gruppo di lavoratori che hanno deciso di prendere in mano l’attività (workers buyout) acquistando nel 2013 le macchine e affittando la parte immobiliare (lo stabilimento di via Dossetti) per 14 anni.
Questo primo anno incoraggiante «è dovuto principalmente a due fattori - spiega -: facciamo prodotto di qualità riconosciuta grazie alle professionalità presenti in azienda e dall’altro lato offriamo condizioni di competitività anche sul prezzo, nonostante ci rivolgiamo ad una fascia disposta a spendere qualcosa di più per un prodotto personalizzato. Questo conferma che l’operazione guidata dal movimento cooperativo non è stata solo un’attività solidaristica, ma un forte progetto industriale. Abbiamo reso efficiente l’impresa fin dall’inizio? Da subito ci siamo presi quest’impegno, ma vogliamo e dobbiamo migliorare ancora per arrivare all’obiettivo che ci permetta di mettere in sicurezza l’equilibrio dell’attività».
Intanto i numeri della cooperativa che produce imballaggi plastici flessibili sono chiari: nel 2014 sono state prodotte (e vendute, visto che lavora su ordine) oltre 2.000 tonnellate, avvicinandosi più del previsto all’obiettivo di 2.500 tonnellate da raggiungere entro fine 2016. «E’ un risultato fattibile, anche perché l’anno scorso abbiamo ricostruito la rete vendita  e in alcune regioni siamo arrivati solo sul finire del 2014 - continua Occhiali -. Pertanto nel 2015 e 2016 pensiamo di ottenere risultati migliori rispetto a quest’anno. Chiudere a oltre 5 milioni di euro di valore della produzione contro i 4,4 milioni previsti dal budget rafforza le nostre convinzioni nella bontà del progetto. Doveva essere un primo anno da chiudere con una lieve perdita, ma abbiamo chiuso in positivo e questa è ovviamente un’ottima notizia».
Ad aprile 2015 c’è stata la prima assunzione a tempo indeterminato che si è andata a sommare ai 25 dipendenti (di cui 23 soci) del gruppo originario, portando a 26 persone l’organico fisso a cui si sommano alcuni contratti a tempo determinato quando ci sono picchi di lavoro (la stagionalità influisce parecchio sull’andamento dell’attività). «Raviplast conta oggi 250 clienti attivi piccoli e grandi, dando segno di grande vitalità - continua l’ad -. Tra i clienti, oltre a importanti gruppi come Geovital, abbiamo anche imprese locali tra cui anche importanti realtà come Vinavil, Conase, Versalis, Ital Terminal e il Consorzio agrario».
L’obiettivo 2015 è chiaro: consolidare la crescita. «A budget abbiamo previsto un fatturato di 5,6 milioni di euro, pari ad una crescita del 12% rispetto al 2014 - prosegue Occhiali -. Vorremmo mantenere dunque il trend positivo, migliorando le previsioni del piano triennale. Si tratta di una tappa intermedia rispetto ai 6 milioni di euro (pari a circa 2.400 tonnellate di imballaggi venduti) che vorremmo raggiungere nel 2016».
Il primo trimestre «è un po’ sopra il budget, quindi, considerando la stagionalità, ha dato un risultato sostanzialmente allineato agli obiettivi».
Raviplast si conferma dunque un esempio di come il mondo della cooperazione può rispondere in maniera efficacie alla crisi. «Sono assolutamente convinto che questo modello proposto dal movimento cooperativo sia una possibilità concreta per salvare il patrimonio economico, di lavoro e di conoscenze per molte imprese in crisi - conclude Occhiali -. Credo che i lavoratori di un’impresa in mobilità abbiano la possibilità di mettersi in gioco soprattutto per imprese di medio-piccole dimensioni per cui non servono ingenti capitali».

Christian Fossi
economia@settesere.it

Foto di Massimo Fiorentini
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