Sciopero dei trattori, ne parlano i responsabili delle associazioni di categoria: «Contro la crisi stiamo lavorando in sinergia con il Governo e la Ue»
Elena Nencini
Le direttive dell’Unione Europea hanno alimentato molte critiche nel mondo dell’agricoltura, già provato da una crisi che ha caratterizzato gli ultimi anni, dai cambiamenti climatici, alle guerre, all’alluvione. Le proteste con i trattori che bloccano le strade hanno infiammato tanti paesi europei, ma hanno toccato anche la Romagna, a Ravenna il 29 gennaio, il 13 febbraio a Massa Lombarda e il 14 a Faenza (vedi box). Tra i vari punti in discussione l’obbligo di lasciare il 4% dei terreni incolti, la rinuncia ai farmaci fitosanitari, l’esenzione dal pagamento dell’Irpef e dell’Imu, le agevolazioni sui carburanti, la determinazione del valore del costo di produzione, la revisione della Pac.
A esprimere un parere sulla situazione i rappresentanti delle associazioni di categoria.
CRISTIAN MARETTI (LEGACOOP):
«AGGREGARE LE PICCOLE REALTA’»
Cristian Maretti, presidente agroalimentare Legacoop nazionale, commenta: «Ad oggi non c’è una direttiva singola o una questione specifica dell’Unione Europea che abbia scatenato le proteste. Nei fatti, il lavoro che è stato svolto con Bruxelles ha già attenuato o rinviato in parte il problema: la voce sui fitofarmaci è stata ritirata dalla Presidente, così come quella sui terreni incolti. Non è passata nemmeno la richiesta sulle emissioni industriali che includeva anche i bovini. Bisogna sottolineare, invece, l’ottimo risultato a livello di Ue per i prodotti Dop e Igp, elemento con cui l’Unione riesce a valorizzare i propri prodotti e che viene riconosciuto anche da altri paesi, come Canada e Usa». Alla domanda su quale sia, quindi, il problema principale degli agricoltori, Maretti risponde: «Sicuramente dalla Ue agli agricoltori sono arrivati meno soldi rispetto a 10 anni fa. Il bilancio è sempre lo stesso ossia l’1% del Pil europeo. Nessuno ha voglia di aumentarlo, ma all’Ue si chiede di fare sempre di più. Inizialmente all’agricoltura era dedicato il 50% di quella somma. Restano, poi, sul tavolo molti altri problemi, come la guerra in Ucraina e i cambiamenti climatici che hanno inciso molto su questo settore: togliere l’esenzione dell’Irpef è stato come accendere la scintilla in un deposito di benzina. Le ragioni strutturali dell’agricoltura devono puntare ad una maggiore aggregazione, per essere concorrenziali bisogna puntare su innovazione, tecnologia, strumenti, cose che un singolo non può fare. Quindi bisogna puntare a costituirsi in cooperative o srl per essere uniti».
Maretti conclude con una critica sulla gestione dell’alluvione: «Si sono persi due mesi per identificare il commissario, due mesi che non recupereremo. Nel frattempo stanno arrivando i fondi stanziati da Bruxelles. Sono i primi a 9 mesi dall’alluvione, ma si scontrano con una burocrazia che non riguarda solo quel grave evento, ma tutte le questioni».
MISIROCCHI (CIA): «PUNTARE
SULLE COPERTURE ASSICURATIVE»
Per Danilo Misirocchi, presidente Cia Romagna, la situazione del mondo degli agricoltori è difficile. «La protesta dei trattori fa emergere un disagio importante del mondo agricolo, dovuto a una riduzione importante del reddito e a una burocrazia asfissiante. Come Cia capiamo bene i disagi degli agricoltori e li sosteniamo. Abbiamo fatto un percorso che ha avuto come apice la manifestazione a Roma del 26 ottobre scorso. Bisogna trovare delle soluzioni nei tavoli istituzionali, è questo il nostro lavoro. La nostra manifestazione di fine anno ha avuto efficacia, anche se eravamo gli unici in piazza. L’incontro con il Governo del 9 febbraio scorso, invece, è stato un momento importante per riprendere alcuni argomenti».
Secondo Misirocchi bisogna insistere sul problema delle coperture assicurative: «Il tema della gestione del rischio, tra calamità e difesa attiva, è un problema annoso aperto da tempo, ma da non sottovalutare. Dobbiamo puntare a un filiera certificata e locale: con il Covid e le guerre si è scoperto che avere un approvvigionamento sul territorio è importante. Il cibo importato non ha le stesse regole del nostro e non sappiamo come viene trattato».
E sull’alluvione, Misirocchi conclude: «Oltre all’acqua dello scorso maggio, non dobbiamo dimenticare le frane in collina e le gelate degli ultimi tre anni: è sempre più importante avere delle coperture assicurative che vanno ripensate in modo diverso: quelle attuali non hanno coperto i danni. Servono sistemi diversi di intervento che ci possano mettere in condizione di assicurare il reddito».
NICOLA DALMONTE (COLDIRETTI):
«RISCHIO ABBANDONO DEI TERRENI»
Nicola Dalmonte, presidente Coldiretti Ravenna, sottolinea: «Come associazione eravamo a manifestare proprio a Bruxelles, che è il luogo dove dobbiamo andare a portare le nostre istanze, dove si decidono le politiche agricole. Si sono ottenuti alcuni risultati importanti come il blocco della normativa sui fitofarmaci, e l’obbligo di lasciare il 4% dei terreni incolti. Questi per noi sono risultati importanti. Negli altri Paesi europei la situazione è diversa dalla nostra e collegata alla fiscalità dei gasoli».
Per quanto riguarda le richieste relative alla defiscalizzazione dell’Irpef avanzata dagli agricoltori, Dalmonte spiega: «L’avevamo ottenuta con il Governo Renzi, poi avevamo lavorato per inserirla nel Mille proroghe. Dobbiamo cercare di valorizzare la produzione: rivendichiamo di essere stati gli unici a chiedere una legge contro il cibo sintetico in Italia, oggi dobbiamo insistere sulla valorizzazione dei nostri prodotti».
A proposito dell’alluvione il presidente di Coldiretti aggiunge: «Sono state messe in campo diverse azioni per il ripristino delle aziende agricole, in parte con risorse dal Fondo di crisi, in parte con il fondo Agricat sui mancati prodotti da danni ambientali (gelo, siccità, alluvione), fondo che ha tempi più lunghi, soprattutto nella gestione della parte burocratica. Siamo molto preoccupati per l’area collinare dove ci sono state tantissime frane: il valore economico del terreno agricolo in queste zone è ben al di sotto della spesa per ripristinarlo. Il rishio concreto è quello di perdere diverse colture e che i terreni vengano abbandonati».