Volley, la prima vittoria di Mengozzi a 36 anni: «Mi sento giovane, adesso il triplete con Perugia»

Romagna | 12 Marzo 2022 Sport
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Luca Alberto Montanari
«Dalla scorsa domenica mi state ricordando che ho 36 anni e che vado per i 37, ma vi assicuro che la pensione è ancora lontana». Il sorriso contagioso di Stefano Mengozzi rimbalza dall’Umbria dopo un weekend indimenticabile, nel quale il «Mengo» ha alzato al cielo la Coppa Italia in una finale Perugia-Trento vissuta e soprattutto giocata da protagonista a quasi 37 anni (li compirà il 6 maggio): «Ho conquistato il trofeo più importante della mia carriera e vincerlo da protagonista, in campo e non in panchina, è stato ancora più bello. In estate avevo firmato un contratto con Perugia ben sapendo che sarei stato un gregario, cioè il quarto centrale. Ma per una serie di eventi sfortunati, con Russo e Ricci (altri due ex ravennati, ndr) fuori dal campo per diverse settimane, in finale contro Trento è toccato a me. Mi sono fatto trovare pronto nel momento del bisogno, come si dice in questi casi». E qui torna in ballo la questione anagrafica, perché nell’ultima settimana in molti hanno (ri)scoperto la carta d’identità di Mengozzi: «Sì - conferma - in tanti mi hanno chiesto cosa si prova a vincere il primo trofeo a quasi 37 anni. Intanto, io rispondo che l’ho vinto a 36 anni e non a quasi 37 (sorride, ndr). E poi, per quanto mi riguarda, penso che valga molto di più vincere a 36 anni che a 20 anni. Perché a 20 dici che è il primo e sei inconsapevole e spensierato, mentre a 36 magari è l’ultimo, perciò te lo godi di più. Ma questo successo in Coppa lo definirei un Gran Premio della Montagna. Ho scollinato in testa alla Cima Coppa della stagione, ma la strada è ancora lunga perché ci sono altri due traguardi da raggiungere». Che si chiamano Champions League («siamo in semifinale») e naturalmente scudetto: «In Coppa abbiamo faticato contro Piacenza, poi è stato difficile superare anche Trento, che giocava con tre schiacciatori e due centrali di esperienza. Abbiamo compiuto il primo capolavoro della stagione, un capolavoro che deve diventare la benzina per il futuro. Vogliamo la Champions e lo scudetto, sarebbe un bellissimo triplete». Quanto all’esperienza in terra umbra e al 37° compleanno che si avvicina, ecco il pensiero di Mengozzi: «In tanti mi dicono che sono alla fine della mia carriera - ricomincia il centrale ravennate - ma io sto bene e non mi sento affatto vicino alla pensione. Sono in scadenza, ma il mio futuro sarà ancora da centrale, perché mi vedo ancora in campo. Mi sento bene, ho voglia, mi diverto, mi alleno senza problemi. Uno si sente vecchio quando è la testa che non funziona più, ma quando mente e gambe rispondono, come nel mio caso, non vedo perché ci si debba fermare». Inevitabile, per uno dei tanti giocatori nati e cresciuti sotto il cupolone del Pala De Andrè, soffermarsi sulla stagione del Porto Robur Costa e su una retrocessione inevitabile dopo un campionato troppo difficile: «Ero del partito di quelli che non avrebbero voluto rinunciare all’iscrizione, quindi ho apprezzato che la società abbia fatto uno sforzo e ci abbia provato. Poi che il roster non fosse competitivo era sotto gli occhi di tutti. Dispiace per il record negativo e per la retrocessione, ma Ravenna e soprattutto società e sponsor non devono mollare, perché il volley è lo sport cittadino per eccellenza. Si ripartirà dalla A2, ben sapendo che non sarà facile tornare in Superlega velocemente. Il campionato è competitivo e tante società lavorano bene, mi auguro che Ravenna abbia subito voglia di riprovare a salire». Quest’estate, se Mengozzi non dovesse ricevere chiamate dalla Superlega, sarebbe disposto a ricominciare proprio da Ravenna per dare una mano in A2 come chioccia della squadra? «Non sarebbe fantapallavolo, perché io sono legato a Ravenna, sono cresciuto e ho giocato lì, quindi una eventuale chiamata la ascolterei volentieri. La scorsa estate sono andato via perché la presidentessa Giovanetti non mi garantiva la Superlega e avevo delle offerte difficilmente rifiutabili, come appunto quella di Perugia. Altrimenti non avrei avuto nessun problema a restare nella squadra della mia città».
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