Romagna, nasce la nuova rete territoriale dell’assistenza primaria

Il servizio sanitario regionale consolida un altro passaggio della rete territoriale dell’assistenza primaria, con l’introduzione di nuove forme organizzative per rispondere ai mutamenti sociodemografici e garantire cure più prossime ed efficaci agli emiliano-romagnoli. L'obiettivo è rendere l’assistenza sanitaria territoriale -composta da medici di medicina generale, pediatri di libera scelta e specialisti ambulatoriali - più sostenibile e accessibile, anche grazie agli investimenti Pnrr per la realizzazione delle Case della comunità e al nuovo ruolo unico del medico di medicina generale previsto dall’accordo collettivo nazionale. Nelle scorse settimane, la giunta regionale ha approvato l’atto di programmazione regionale per la istituzione e attuazione delle forme organizzative della medicina convenzionata. Il documento mira a rafforzare la sanità territoriale attraverso la creazione di aggregazioni funzionali territoriali (Aft) e unità complesse di cure primarie (Uccp), pensate per migliorare l'accesso alle cure, la presa in carico dei pazienti cronici e fragili e l'integrazione tra i professionisti sanitari. Tra gli obiettivi di questa nuova organizzazione c’è la partecipazione ai piani nazionali di prevenzione e cronicità, il governo delle liste d'attesa, l'appropriatezza clinica e prescrittiva, l'assistenza domiciliare. «In realtà non si tratta di un qualcosa di totalmente nuovo, visto che in Romagna la maggior parte dei medici di base lavora già in gruppi strutturati, ma le Aft sono un ulteriore passo in avanti verso l’uniformità dell’assistenza- ha spiegato il direttore del dipartimento di cure primarie nell’ambito di Ravenna, Faenza e Lugo, Mauro Marabini-. Si è iniziato a parlare di associazionismo medico già nel 1943 e negli anni sono stati fatti passi avanti tanto che oggi è un concetto insito nel contratto nazionale. Le Aft sono gruppi che ospitano dai 10 ai 20 medici per una popolazione di riferimento che varia dalle 7 mila alle 30 mila unità e con il nuovo documento approvato dalla giunta regionale, vengono meglio identificate sul piano organizzativo e contrattuale. In provincia saranno 15 di cui 6 principali perché con più servizi nelle Case della comunità ed Osco a Russi, Cervia, Brisighella, Darsena Ravenna, Faenza e Lugo (queste ultime 3 in costruzione) e 9 a Mezzano, San Pietro in Vincoli, Castel Bolognese, Alfonsine, Bagnacavallo, Massa Lombarda, Cmp, piazza Baracca e via Berlinguer». Si tratta di forme già attive da diverso tempo e che rappresentano l’evoluzione del nucleo cure primarie. I nuclei dei medici si “arricchiscono” di pediatri, infermieri di comunità, psicologi, assistenti sociali, farmacisti ed ex guardie mediche. Sempre per garantire una migliore assistenza al cittadino visto che attraverso un lavoro sinergico e coordinato sarà possibile offrire servizi di alta qualità ed equamente accessibili. Inoltre, la condivisione dei dati sanitari, la presa in carico in équipe dei casi complessi e la misurazione di indicatori di processo e di esito delle attività saranno elementi chiave. «La riorganizzazione prevede che il personale entri a far parte delle Unità complesse di cure primarie (Uccp), pensate per mettere al centro il benessere della persona e migliorare l’accesso e la presa in carico dei pazienti cronici e fragili. Ruolo fondamentale lo svolgerà anche la figura amministrativa che deve gestire le pratiche burocratiche mentre continuerà a diffondersi nei tre distretti la figura dell’infermiere di comunità. Un tempo il cosiddetto “medico condotto” faceva tutto, dalle visite, alla somministrazione di farmaci e ausili, alla burocrazia- pochissima una volta- mentre oggi non può più essere così. Con le Uccp il medico è affiancato dai colleghi- infermieri, assistenti sociali, etc, ma questo non significa che spariranno i piccoli ambulatori dove lavora un solo specialista: chi presta servizio nelle Aft potrà farlo anche nelle sedi periferiche». L’istituzione delle Aft e Uccp rappresenta un passo fondamentale per garantire una presa in carico multidisciplinare ed integrata dei pazienti. Entrambe le forme organizzative opereranno nell’ambito dei Distretti e delle Case della Comunità, che potranno fungere da sede preferenziale delle stesse, e della rete degli studi medici diffusi nei territori, assicurando una copertura completa. Ogni Aft, creando un sistema interdipendente, è collegata funzionalmente alla propria Uccp di riferimento il cui coordinamento è affidato a una figura professionale che collabora con il distretto per l'organizzazione dei percorsi assistenziali e la gestione delle risorse. Per il cittadino non cambia nulla, ma si garantisce una maggiore continuità del servizio a prescindere dal medico di turno. «Come già succede, i medici di un gruppo si organizzano per fare sostituzioni, vaccinazioni e dare continuità di apertura dell’ambulatorio. Finora le case della salute, nella gran parte dei casi altro non erano che un “condominio” con professionisti che interagivano, ma mantenevano una loro organizzazione separata. Oggi con le Uccp, infermiere di comunità, psicologo e farmacista lavorano coi medici e non in maniera autonoma: l’infermiere che opera su un progetto a sostegno degli anziani, ad esempio, si confronta con il medico che, a sua volta, interpella il farmacista o l’assistente sociale per dare un servizio a tutto tondo al paziente». E’ chiaro come sia più complesso integrare servizi diversi e come ciò renda impossibile dare continuità assistenziale. Con un solo soggetto coordinatore, invece, l’anziano e il paziente cronico che vengono dimessi dall’ospedale escono con un piano che mette insieme le indicazioni per i familiari, gli assistenti sociali e gli infermieri domiciliari, il medico di base oltre alla fornitura di ausili e farmaci. (Marianna Carnoli)