Ravenna, Speyer più vivibili: «Ma rimane il bivacco serale»

«Questa ordinanza l’abbiamo fortemente voluta, anche con una raccolta firme. Fare la voce grossa a volte serve». Lucia Bondi è la referente del comitato per la sicurezza e contro il degrado della zona dei giardini Speyer, vicino alla stazione. Comitato dal quale è arrivata la richiesta di sanare il problema dell’abuso di alcol davanti all’unico distributore automatico di alimenti e bevande aperto giorno e notte, senza personale, nel quartiere. Dopo che l’attività, che era vicina alla Camera di commercio, si è spostata nei locali dell’ex pasticceria Calderoni, l’Amministrazione comunale ha emanato un’ordinanza che impone a esercizi simili di essere sorvegliati da addetti, come succede in qualsiasi altro negozio. Una misura che si aggiunge alle altre ordinanze (anti-alcol, anti-vetro) che nel tempo si sono susseguite per correggere il degrado della zona.
«NON SOLO SPACCIO»
«Vivo qui dal 1986 – spiega Bondi – nella casa che mio padre aveva costruito alla fine degli anni Cinquanta. Posso confermare che il Comune ascolta le nostre segnalazioni ed è attento a quello che riferiamo. Non è un caso se sono stati tolti panchine e cespugli che diventavano luoghi dove bivaccare, orinare, nascondersi per lo spaccio. I miglioramenti ci sono stati, è innegabile. Quel che è certo, però, è che i molti negozietti del quartiere, dalle cinque di sera, diventano ricettacolo di persone che creano assembramenti e bevono, litigano, alzano le mani. Un fenomeno che con la primavera e poi con l’estate si acuisce sempre di più». Il comitato, per questo, continuerà a puntare i piedi: «Lo spaccio è senz’altro una delle piaghe che abbiamo sotto gli occhi, anche se chi non vive qui e ci passa solo per caso non si accorge di certi movimenti, certi soggetti e certe dinamiche che noi residenti, invece, conosciamo bene. Ma al di là della droga, ci chiediamo davvero se ci siano questioni che il Comune non vuole risolvere: siamo sicuri che i negozi siano a norma, che siano in regola con le licenze, che rispettino i criteri di igiene? Ci sembra, senza dubbio, la parte più torbida del problema. Noi non abbiamo conflitti con i commercianti stranieri, ci mancherebbe. Io vado a fare le fotocopie dalla signora indiana, per esempio. Ci sono persone serie e corrette. Ma non ci sembra che valga per tutti».
«SCELTA CHE RIFAREI»
Felice della sua scelta è Rita Bertozzi, titolare dell’Osteria «Il Paiolo» che è proprio davanti alla stazione: «Siamo qui da due anni e non nascondo che prima di iniziare l’attività i timori erano molti. Avevamo ipotizzato anche di prendere un buttafuori. Ma le cose sono andate e stanno andando bene. Dopo qualche mese di prova, abbiamo fatto il passo e oggi siamo contenti». Per non incappare problemi, la titolare ha evitato la scelta del bar: «Non vendiamo caffè o alcolici a chi passa. Qui si consuma al tavolo, che si tratti di un aperitivo o di un pasto completo. Questa decisione fa già da filtro. In caso di persone sospette, cerchiamo di fare una selezione all’entrata, perché è giusto che tutti, anche i commercianti, si impegnino affinché il quartiere sia il più possibile tranquillo».
«IO QUI CI VIVO BENE»
Ed è tranquilla anche Chiara Brandi, da una vita residente dell’Isola San Giovanni: «Da ragazzina vivevo qui con i miei genitori, oggi continuo ad abitarci con la mia famiglia. Non saprei dire se è abitudine, se è perché penso ai fatti miei o perché sono incosciente: fatto sta che qui sto bene, non ho mai avuto la percezione di essere insicura, non ho mai incontrato problemi. Gli spacciatori ci sono, così come ci sono i ragazzini che dopo la scuola vengono qui a fumare canne. Ma ci sono anche negozianti stranieri cordiali e gentili. Non farei di tutta l’erba un fascio».