Ravenna, Reddito d'inclusione e Reddito di solidarietà regionale, boom di richieste in pochi mesi

Romagna | 13 Aprile 2018 Cronaca
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Silvia Manzani e Barbara Gnisci - C’è O.M., ex vittima di tratta, che dopo una relazione con un uomo che la maltrattava, poi arrestato, sta intraprendendo un percorso verso l'autonomia. E mentre i Servizi sociali la sostengono per la parte dell'affitto,  la carta acquisti sarà indispensabile per pagare le bollette. Intanto, la donna sta frequentando un corso breve  per operatore della ristorazione, dopo il quale accederà a un tirocinio lavorativo nel quale percepirà un'indennità indispensabile per reinserirsi nel mondo del lavoro e provare a essere indipendente. Quella di O.M. è solo une delle storie ravennati legate al Reddito di solidarietà, la misura di sostegno al reddito finanziata dalla Regione Emilia-Romagna e rivolta a chi ha un Isee inferiore o uguale a 3mila euro. Oltre al contributo economico (80 euro al mese per ogni componente familiare), prevede che venga attivato un progetto di attivazione sociale e inserimento lavorativo.
Sono 559 le domande ricevute dal Comune di Ravenna dal settembre 2017: nella maggior parte dei casi (315), si tratta di donne. Sul totale, 302 richieste - la maggior parte, quindi - sono arrivate da persone italiane. Numeri che si sommano a quelli relativi al Reddito di inclusione (Rei), una misura nazionale di contrasto alla povertà che si compone di un beneficio economico e di un progetto personalizzato e che è rivolta a chi non supera i 6mila euro di Isee: Palazzo Merlato ha ricevuto finora 880 richieste, provenienti per lo più da donne (482) e circa in misura uguale da italiani e stranieri.  
"Grazie a questi strumenti di integrazione al reddito - commenta Valentina Morigi, assessore comunale ai Servizi Sociali - si fa un passo avanti per superare la logica dell'assistenzialismo fine a se stesso e si costruisce un nuovo patto sociale, impegnando il cittadino fragile a mettere in gioco le proprie risorse e coinvolgendo il territorio, con le sue competenze   e professionalità, con il fine di intraprendere un percorso verso l'autonomia. In poche parole, passiamo dal welfare assistenzialista al welfare generativo e di comunità".
Lo dice anche la storia  di un 66enne separato, padre di due figli e che viveva con la madre anziana poi deceduta. Dopo la sua morte, è  rimasto nella stessa abitazione di proprietà della zia materna di 94 anni che lo sostiene in cambio di assistenza. Non ha nessun tipo di entrata e fino a poco tempo fa teneva delle lezioni di arti marziali e yoga per un'associazione sportiva, occupandosi anche della gestione e dell'organizzazione dell'associazione. Attività che oggi è costretto a limitare per problemi di salute. Siccome il Res considera le persone non solo come portatrici di bisogni ma anche come risorse per la comunità, l'uomo  si è reso disponibile a condurre incontri di yoga e ginnastica posturale per la terza età nella comunità alloggio della sua zona di residenza. Un caso, il suo, che fa anche rima con un nuovo approccio da parte degli operatori: "Vedo una  rinnovata capacità del Servizio Sociale - aggiunge Morigi - di lavorare in équipe sia al proprio interno, mettendo in rete le assistenti sociali del territorio, i responsabili sociali di ambito specifico e il servizio immigrazione, che con soggetti esterni, creando un sistema di analisi e  valutazione multidisciplinare con l'azienda sanitaria (servizio dipendenze e centro di salute mentale) e con il centro per l'impiego. Questo metodo di lavoro, possibile grazie all'operazione di superamento dell'Asp e di riappropriazione da parte del Comune della gestione del Servizio Sociale, consente di costruire un piano individualizzato in grado di leggere tutti i bisogni e le potenzialità dei cittadini fragili che si rivolgono al servizio".
Interessante anche la vicenda, legata però al Rei, della mamma di una  ragazza con importanti problemi di salute, costretta a rinunciare al lavoro - nonostante le buone competenze professionali - per seguire la figlia a tempo pieno. Convinta che i servizi sociali siano quelli che "portano via i figli" ai genitori, non vi si era mai rivolta. Nel progetto Sia (assorbito poi dal Rei) è stato inserito l'impegno ad aderire a progetti formativi e la donna ha iniziato un tirocinio che oggi la impegna e la soddisfa molto.
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