Ravenna, Longobardi (Centro Iperbarico): "I bagnini non possono controllare tutto, genitori decisivi"
«Quando c’è un bagnino a sorvegliare si tende a stare più tranquilli. Invece no. I bagnini sono istruiti per riconoscere situazioni ambientali di pericolo e per intervenire in caso di incidente. Ma non possono avere sotto gli occhi ogni singolo bagnante». Parla così Pasquale Longobardi, direttore del Centro iperbarico di Ravenna che al momento ha in cura due bambini, uno romano e uno pugliese, per sindrome da immersione. Longobardi è anche presidente della Società italiana medicina subacquea e iperbarica (Simsi) che nelle scuole forma i bambini sul comportamento da tenere in acqua. Cosa non scontata, a suo parere: «In Italia, nonostante migliaia di chilometri di costa, manca una cultura sulla sicurezza in mare, che poi si riflette anche nelle piscine. Un genitore non si sognerebbe mai di mandare un figlio per strada senza insegnarli ad attraversarla. In acqua, invece, mandiamo i bambini senza troppe precauzioni. Ho partecipato, all’interno dell’Organizzazione mondiale della sanità, a due gruppi di lavoro su questo tema e so bene quanto il problema sia sentito. I dati americani ci dicono che la sindrome da sommersione è la seconda causa di morte tra i cinque e i 14 anni. In generale, su cinque decessi causati dalla sindrome, uno riguarda un bambino. Non solo: per ogni bambino morto, altri cinque sono ricoverati per le conseguenze della sindrome. Sono dati allarmanti, che ci devono fare pensare». La prima regola, in acqua, è «mai soli»: a costo di organizzare turni di genitore, i bambini vanno guardati a vista e la distanza, al massimo, deve essere quella di un braccio per evitare di arrivare troppo tardi in caso succeda qualcosa di grave. Ma bisogna anche spegnere i cellulari, fonte di distrazione, evitare che i bambini facciano gare di apnea, dotarli di un giubbotto di qualità invece che di salvagente e braccioli. In caso di reale pericolo, poi, Longobardi invita a non provare a soccorrere la persona che pare annegare se non se ne hanno le competenze: «Bisogna raggiungere chi è in pericolo e permettergli di aggrapparsi a qualcosa, che sia un materassino o un remo. Ma non bisogna fare altro né avvicinarsi troppo, sennò la persona va in panico. So che è una regola molto difficile da applicare ma resta una delle più importanti». Sempre riguardo i bambini, andrebbero portati solo dove toccano e, nel caso in piscina ci siano le bocchette danneggiate o senza filtri, tenuti lontani: «Idem, in mare non andrebbero mai lasciati nuotare fuori dalle aree designate, come oltre le boe». E se gli adulti – ma anche gli adolescenti – dovrebbero evitare il più possibile l’alcol prima di immergersi, i genitori che sono soliti portare i figli al mare o in piscina farebbero bene a frequentare un corso di Bls (basic life support). (s.manz.)