Ravenna, il vescovo Ghizzoni sui 5 anni di Papa Francesco: "Profeta scomodo dei nostri giorni"

Romagna | 26 Marzo 2018 Blog Settesere
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Monsignor Lorenzo Ghizzoni - Papa Francesco ha fatto parlare molto di sé. Ci ha messo la faccia fin dal giorno della sua elezione, cercando il contatto diretto con il Popolo di Dio, oltre protocolli e diplomazia.
Potremmo anche qui fare l’elenco di ciò che ha più colpito dei suoi tanti gesti abbastanza clamorosi, ripetuti, insistenti o delle affermazioni forti, coinvolgenti, sincere, con un linguaggio nuovo, con una creatività sorprendente. Ha richiamato la Curia, i politici, i ricchi, i cristiani addormentati, gli indifferenti e i tanti complici dei mali che ci opprimono. Ha incarnato in questi anni soprattutto la figura del “profeta” che provoca tutti, a nome di Dio, alla conversione. Non ha avuto paura di mettere sale sulla piaga dei peccati e dei compromessi e poi di indicare la via della misericordia per riconciliarsi con Dio e i fratelli. E ha voluto assumere anche quell’atteggiamento di “parresia” (franchezza coraggiosa e lucida) che caratterizza gli apostoli agli inizi della Chiesa, perché c’era e c’è bisogno di ricominciare a evangelizzare e fondare nuove comunità di credenti.
Ha interpretato sin da subito il suo mandato come “riforma della Chiesa in uscita missionaria”. Riformare, quindi, non solo strutture e funzioni di Curia ma ha chiesto da subito ai cristiani una conversione a tutti i livelli e l’avvio di processi di cambiamento che, sa bene, essere lunghi e faticosi, perché hanno a che fare con le persone, le abitudini e i compromessi consolidati. La missione di testimoniare il Vangelo prima con la vita che con le parole, lo esige.
I gesti dei primi giorni hanno entusiasmato molti, ma hanno suscitato anche critiche, mi pare soprattutto da coloro che hanno utilizzato le categorie (forse già vecchie) della politica e l’hanno voluto schierare da una parte. È inevitabile che si provochino reazioni, quando si propongono il recupero diretto degli indirizzi del Concilio vaticano II e di Paolo VI, il richiamo al radicalismo evangelico, il tema missionario prima della comunione interna, la ripresa della attenzione preferenziale per i poveri di ogni parte del mondo, senza classificazioni ideologiche, la tutela dei minori dagli abusi dentro e fuori dalla Chiesa. Lo stesso vale per il rilancio dell’amore dentro il matrimonio come valore essenziale che sorregge la coppia e la apre alla accoglienza della vita, insieme con quella alle famiglie ferite e “irregolari” da accompagnare con misericordia; e poi lo spazio dato fin dall’inizio al tema sociale, alla custodia della Terra come casa comune, a una economia che non uccida e crei progresso per tutti. A me pare che papa Francesco, come tutti i profeti, abbia scomodato un po’ tutti e a volte ci abbia messo in imbarazzo, ma più spesso ci ha riscaldato il cuore, proponendoci un Vangelo e una Chiesa capace di camminare insieme con tanti, che benedice la realtà umana e la accoglie anche se segnata dal peccato, che non si preoccupa dei seminatori di zizzania ma testimonia con coraggio la misericordia del Padre e non ha paura della storia o del mondo, perché sa di essere nelle mani del suo Signore, Gesù Cristo.
 
 
 
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