Ravenna, fecero fallire la Gapar: 5 arresti
Cinque persone sono state arrestate per bancarotta fraudolenta e autoriciclaggio con l'aggravante della transnazionalità del reato per aver portato al fallimento la Gapar, azienda molto nota nel ravennate.
Al termine dell'indagine coordinata dal procuratore capo Alessandro Mancini e dal sostituto Lucrezia Ciriello, i Finanzieri hanno arrestato cinque persone, tre sono finite in carcere e 2 ai domiciliari.
Gli indagati, attraverso la costituzione di società italiane ed estere e l’apparente giustificazione di rapporti commerciali in realtà inesistenti, hanno spostato ingenti disponibilità finanziarie- si parla di circa 2 milioni di euro- dai conti della società fallita, verso rapporti bancari di altre imprese a loro riconducibili, causandone quindi il fallimento. L’indagine, partita due anni fa, è scattata da un esposto presentato da alcuni soci di minoranza della Gapar, nata 50 anni fa e che nel tempo era divenuta una realtà di riferimento nella fornitura di prodotti alimentari per la ristorazione e la panificazione anche a livello nazionale, con tre unità produttive a Ravenna e nelle province di Pesaro e Venezia.Dal luglio 2014, un noto professionista di Ravenna a capo dell'azienda aveva architettato "una vera e propria strategia predatoria" del patrimonio societario, poi concretizzata a seguito del subentro di un imprenditore modenese nella titolarità dell’azienda.
Oltre un milione di euro sarebbero fuoriusciti dai conti societari per il pagamento di fittizie operazioni commerciali con società riferibili agli arrestati con sede a Cuba, in Messico, in Gran Bretagna ed in Romania, autoriciclando i proventi della bancarotta fraudolenta. Parte di tali somme sarebbe poi rientrata nella disponibilità del precedente proprietario della società, il professionista ravennate, che le avrebbe utilizzate per acquisire le quote e quindi il controllo di un’impresa immobiliare, l’unico asset che era rimasto nel patrimonio aziendale della fallita.Depradato a favore dell'imprenditore modenese anche il parco auto della società composto da 7 auto (tra cui anche Porsche e Mercedes), che lo ha rilevato senza alcun reale pagamento; così come il magazzino merci dell’impresa ravennate, ormai fallia, è stato interamente ceduto sottocosto ad un’altra società, costituita ad hoc e riconducibile sempre al soggetto di Modena, che una volta rivenduti tutti i beni ha cessato l’attività. Il gip ha accolto la richiesta della Procura per il sequestro anche delle quote della società immobiliare acquisita dal professionista ravennate con i proventi illeciti autoriciclati, per un controvalore di circa 1,3 milioni di euro.Confcommercio Ravenna in una nota s'è complimentata col procuratore Mancini. "La grande competenza del Procuratore ha fatto emergere un’imponente violazione delle norme penali che ha portato all’accusa di bancarotta fraudolenta. Le indagini, condotte dal sostituto Ciriello, sono state accuratamente svolte dalla Guardia di Finanza di Ravenna, di cui è Comandante il Col. Andrea Fiducia, ai quali va il nostro ringraziamento. Un fallimento che ha generato enormi difficoltà a numerose altre aziende che collaboravano con la Gapar e che ha lasciato senza lavoro decine di dipendenti, oltre all’indotto. Vogliamo sottolineare la nostra piena soddisfazione per la conclusione dell’operazione proprio perché le radici della Gapar vanno rintracciate nel fertile terreno della panificazione ravennate degli anni 70, aderente storicamente a Confcommercio Ravenna. Infatti, in quegli anni, uno sparuto numero di panificatori ebbe il coraggio di fondare prima un gruppo di acquisto con l’intento di calmierare i prezzi, poi una cooperativa di consumo. Agli inizi degli anni novanta ci fu la svolta imprenditoriale: da un gruppo di oltre 100 soci si passò ad un gruppo di circa cinquanta, fondando la Gapar Srl prima e la Gapar Spa poi"