Ravenna, Appello Cagnoni: il pg Gianluca Chiapponi chiede la conferma dell'ergastolo

Romagna | 25 Settembre 2019 Cronaca
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Si è chiusa la prima delle due giornate del processo d'Appello per il 54enne Matteo Cagnoni, condannato nel giugno dello scorso anno all'ergastolo per l'omicidio della moglie 39enne Giulia Ballestri, massacrata a bastonate il 16 settembre 2016. Il procuratore generale Gianluca Chiapponi, al termine della sua requisitoria, ha chiesto ai giudici della corte d'appello di Bologna la conferma dell'ergastolo per l'imputato. Domani sarà la volta dell'arringa difensiva del legale di Cagnoni, Gabriele Bordoni e, verosimilmente, verrà letta la sentenza. In apertura di udienza Bordoni aveva chiesto alla corte che il processo venisse rinviato per le precarie condizioni di salute dell'imputato che gli impediscono di essere presente in aula. Aveva anche avanzato la richiesta dei domiciliari con braccialetto elettronico in una struttura psichiatrica specializzata di Riolo Terme, ma la corte ha rigettato entrambe le richieste.

La crisi di coppia, il delitto e la condanna
Matteo Cagnoni aveva sposato Giulia Ballestri di 12 anni più giovane, nel maggio 2004 e dopo 11 anni di matrimonio e tre figli qualcosa s’era incrinato, la coppia era entrata in crisi e Giulia aveva chiesto la separazione dopo mesi di pedinamenti e tormenti da parte del marito che non accettava l’idea di perderla. Il 16 settembre 2016 le telecamere della scuola dei figli hanno ripreso la coppia mentre li accompagna in classe, quella di una pasticceria mentre fanno colazione, infine l’«occhio» della Guardia di Finanza in via Padre Genocchi ha inquadrato, alle 9,15 la macchina di Cagnoni parcheggiare di fronte alla villa disabitata di proprietà dei nonni e due persone scendere. Da quel momento di Giulia si sono perse le tracce e, nel primo pomeriggio del 18 settembre, il fratello Guido ha sporto denuncia di scomparsa. La donna è stata trovata, nella notte tra il 18 e il 19 settembre, colpita a morte nello scantinato proprio della villa di via Genocchi e Cagnoni che, nonostante le diverse richieste della polizia di rientrare a Ravenna da Firenze dove si era recato nel pomeriggio del 16 settembre coi figli, era rimasto a casa dei suoi, viene arrestato dopo una fuga durata diverse ore. Lui dirà di essere stato colto dal panico alla vista degli agenti in casa, secondo la Procura un’altra prova della sua colpevolezza oltre alle impronte insanguinate nello scantinato, l’aver chiesto alla segretaria di disdire tutti gli appuntamenti di lavoro prima di sapere che la moglie era stata uccisa e il movente che solo il marito poteva avere: distruggere la donna che voleva lasciarlo. Secondo i medici «la furia omicida s’è concentrata sulla testa» e la morte è sopraggiunta per un grave trauma commotivo cranico con lenta insufficienza respiratoria, un’agonia durata almeno un’ora. Giulia non è stata «solo» uccisa a bastonate in testa, ma il suo volto è stato sbattuto contro lo spigolo di un muro, come a volerla «cancellare». Cagnoni s’è sempre dichiarato estraneo all’orribile delitto ed ha ipotizzato che la moglie, dopo essere uscita con lui dalla villa vi sia tornata, forse perché aveva scordato il cellulare e sia stata aggredita da due persone entrate da una finestra lasciata aperta sul balcone. Ladri che, però, non hanno rubato nulla, ma hanno cercato maldestramente di ripulire la scena dal sangue. Una versione che non deve aver convinto i sei giudici popolari e i due togati che, in primo grado,  gli hanno inflitto la massima pena.
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