Ravenna, 40 anni della legge 194, le testimonianze di Lia, Loretta e Renza: "Assurdo ridiscuterne"

Romagna | 16 Giugno 2018 Cronaca
ravenna-40-anni-della-legge-194-le-testimonianze-di-lia-loretta-e-renza-quotassurdo-ridiscuternequot
Silvia Manzani - «Sono preoccupata. Preoccupata che le donne giovani di oggi, quelle che la legge 194 se la trovano già fatta, possano non capire cosa c’è stato dietro, quanto abbiamo combattuto per arrivarci». Lia Randi ha 69 anni, ne aveva 29 quando, nel 1978, la legge sull’interruzione volontaria di gravidanza venne approvata. Oggi è nell’Udi come lo era allora. E davanti a quelli che definisce nuovi attacchi a una legge intoccabile, si mette a sfogliare vecchi faldoni pieni di volantini, di articoli di giornale, tirando fuori anche i manifesti che venivano preparati per le manifestazioni e le proteste: «Sto male al pensiero che vengano tirate di nuovo in ballo questioni meramente ideologiche, che basta che cambi il vento e le cose possano tornare indietro. Ecco, vorrei ci fosse consapevolezza delle leggi e della strada fatta per conquistarle».
 
LIA RANDI, NELL’UDI DA 40 ANNI
Lia ricorda con esattezza la fatica e la gradualità con cui la stessa Unione donne italiane arrivò a sposare e far proprio il concetto di auto-determinazione della donna: «Venivamo da grandi lotte per affermare l’emancipazione femminile, ma non avevamo ancora messo a fuoco tutta la questione del rapporto con il corpo, con la sessualità, con la maternità voluta o non voluta. Poi capimmo che sull’aborto si giocava una grossa partita che aveva a che fare con la libertà femminile, tema di cui avrebbe dovuto prendere coscienza la società intera». Due i momenti fondamentali del cambiamento: «Da una parte l’incontro con i gruppi femministi che già accompagnavano le donne all’estero ad abortire, cosa che prendemmo a fare anche noi, persino qui da Ravenna. E quella manifestazione del 3 aprile 1976 a Roma, in cui ci unimmo quasi in un unico corteo. Dall’altra parte il grande corteo, finalmente fuso in modo ufficiale, che organizzammo poco prima dell’approvazione. Non mollammo mai, proprio mai. E vincemmo in maniera schiacciante anche il referendum che venne indetto nel 1981». Con il senno di poi, Lia alcuni passaggi non li ripeterebbe: «Arrivai a descrivere in pubblico, davanti a centinaia di persone, un’esperienza personale di interruzione di gravidanza. Ma sbagliai. Tornassi indietro, non cederei a tanta esposizione. Piuttosto, denuncerei quanto l’obiezione di coscienza sia da regolamentare perché rischia ancora oggi di tradursi in interruzione del servizio pubblico».
 
L’ATTIVISTA LORETTA MERENDA
Loretta Merenda, 67 anni, veniva invece dai movimenti femministi di Bologna: «Ricordo ancora un articolo intitolato ‘L’aborto non è negoziabile’. La politica si era impelagata nei ragionamenti sulla vita e sulle tempistiche dell’interruzione di gravidanza, nei quali era cascato anche il Pci. Ma la questione aveva a che fare con la libertà di scelta e la discrezionalità delle donne». In mezzo al clima attuale, però, Merenda non teme più di tanto: «Credo che le giovani di oggi, per le quali l’aborto è un diritto acquisito, siano in grado di mobilitarsi e attivarsi in tempi rapidi. L’ho visto nel movimento ‘Non una di meno’. Sono fiduciosa che, se si sentissero davvero minacciate, le donne farebbero di tutto per non farsi fregare».

RENZA BARTOLOTTI, MILITANTE DELPCI
Più amareggiata Renza Bartolotti, che negli anni Settanta era legata all’Udi come lo è oggi ma che militava anche nella commissione femminile del Pci: «La divisione di idee si rispecchiava anche in casa mia, dove avvenivano forti discussioni tra mio padre da un lato e mia mamma e me dall’altra. Il Pci, anche per la paura della rottura con il mondo cattolico, sosteneva la casistica: le donne avrebbero potuto abortire solo in determinati casi e dopo la valutazione di una commissione. Idea che venne superata grazie all’impegno di molte donne. Persino mio padre si convinse che il centro del ragionamento stava nell’autodeterminazione femminile». Oggi Renza si definisce avvilita: «Sono stanca della ripetitività per cui le cose non sembrano mai ottenute una volta per tutte. Mi piacerebbe sentire la voce delle giovani, vederle in azione».
 
 
 
Compila questo modulo per scrivere un commento
Nome:
Commento:
Settesere Community
Abbonati on-line
al settimanale Setteserequi!

SCOPRI COME
Scarica la nostra App!
Scarica la nostra APP
Follow Us
Facebook
Instagram
Youtube
Appuntamenti
Buon Appetito
Progetto intimo
FuoriClasse
Centenari
Mappamondo
Lab 25
Fata Storia
Blog Settesere
Logo Settesere
Facebook  Twitter   Youtube
Redazione di Faenza

Via Severoli, 16 A
Tel. +39 0546/20535
E-mail: direttore@settesere.it
Privacy & Cookie Policy - Preferenze Cookie
Redazione di Ravenna

via Arcivescovo Gerberto 17
Tel 0544/1880790
E-mail direttore@settesere.it

Pubblicità

Per la pubblicità su SettesereQui e Settesere.it potete rivolgervi a: Media Romagna
Ravenna - tel. 0544/1880790
Faenza - tel. 0546/20535
E-mail: pubblicita@settesere.it

Credits TITANKA! Spa
Setteserequi è una testata registrata presso il Tribunale di Ravenna al n.457 del 03/10/1964 - Numero iscrizione al Registro degli Operatori di Comunicazione:
23201- Direttore responsabile Manuel Poletti - Editore “Media Romagna” cooperativa di giornalisti con sede a Ravenna, Arcivescovo Gerberto 17.
La testata fruisce dei contributi diretti editoria L. 198/2016 e d.lgs. 70/2017 (ex L. 250/90).
Contributi incassati

settesere it notizie-romagna-ravenna-40-anni-della-legge-194-le-testimonianze-di-lia-loretta-e-renza-assurdo-ridiscuterne-n17968 005
Licenza contenuti Tutti i contenuti del sito sono disponibili in licenza Creative Commons Attribuzione