Pugilato, il compleanno speciale di Damiani: "Vi racconto i miei primi 60 anni"

Romagna | 12 Ottobre 2018 Sport
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Gabriele Cocchi
«I miei primi 60 anni». Francesco Damiani, uno dei simboli di Bagnacavallo, della Romagna e di tutta l’Italia con i guantoni, ha appena festeggiato un traguardo anagrafico importante e si racconta. Dopo le Olimpiadi di Rio de Janeiro aveva lasciato l’incarico di supervisore della Nazionale di pugilato, per poi dedicarsi agli allenamenti nella palestra della Boxe Lugo di San Potito. Damiani ha alle spalle una carriera agonistica costellata di successi con il fiore all’occhiello del titolo Mondiale tra i professionisti nei pesi massimi Wbo, senza dimenticare l’argento olimpico di Los Angeles, ma la bacheca diventa ricchissima da commissario tecnico della Nazionale di pugilato, carriera iniziata nel 2002 e che in undici anni ha raccolto un oro, tre argenti e tre bronzi alle Olimpiadi oltre a quattro ori, un argento e cinque bronzi ai Mondiali: «Adesso faccio l’allenatore nella palestra di San Potito della Boxe Lugo, mi trovo molto bene e per me ha rappresentato un felice ritorno perché qui avevo iniziato a tirare i primi pugni. Sono molto felice di questa soluzione perché oltre a divertirmi in palestra riesco a ritagliarmi il tempo per coltivare i miei passatempi come giocare a carte al bar e andare a caccia». 
Come va con la Boxe Lugo? 
«E’ una società ben organizzata, che lavora con metodo e tanta passione, attualmente abbiamo un professionista che promette bene in prospettiva che è il superwelter 69 Kg. Michael Mainenti, inoltre abbiamo un prima serie e diversi seconda e terza serie».
Qual è la differenza più sostanziale tra allenare questi ragazzi e quelli della Nazionale?
«Qui si lavora con programmazione ma con lo scopo principale che è assolutamente il divertimento, con la Nazionale era un lavorare per tirare fuori dei potenziali campioni e con delle precise scadenze come erano i Mondiali o le Olimpiadi. Il tutto era sempre programmato in funzione di questi grandi avvenimenti dove occorreva seminare molto bene da lontano».
I ricordi più belli da puglie e qualche eventuale rammarico?
«In primis la vittoria sul cubano Teofilo Stevenson che ha rappresentato il trampolino di lancio verso il titolo iridato, poi ovviamente il Mondiale che mi ha portato nella storia avvicinandomi a Primo Carnera ed infine l’argento olimpico. Qualche rammarico posso anche averlo ed è il non avere potuto affrontare due grandi pugili come Evander Holyfield, quando era già tutto pronto ma la mia caviglia poco prima fece crac, e Mike Tyson. Per questo match il mio manager disse che la borsa offerta era troppo bassa e non si fece nulla, ma sia chiaro che non sono due assilli perché sono ben contento di quanto ottenuto».
Da allenatore?
«Sicuramente l’oro olimpico di Cammarelle, ma anche tutte le altre medaglie olimpiche e mondiali mi davano tantissima felicità perché oltre alla soddisfazione per l’atleta c’era la consapevolezza di avere fatto le scelte giuste e di avere lavorato bene con i miei colleghi».
Obiettivi attuali nella sua palestra?
«Principalmente quello di divertirmi ma anche quello di tirare fuori un bel campioncino che possa nel suo percorso sportivo fare la mia stessa strada».
Magari con lei a bordo ring.
«Potrebbe starci, ma occorre vedere quanti anni avrò e la salute come sarà, ma è sicuramente una idea che mi piace coltivare».
Sono passati due anni dal suo addio alla nazionale: come andò? E fu davvero traumatico?
«Per nulla, era un addio molto meditato, già avevo ridotto il carico di lavoro nel 2012 lasciando l’incarico per fare solamente il supervisore della Nazionale. Poi, nel 2016 dopo le Olimpiadi di Rio, ho lasciato anche quello, facendo capire decisamente ai vertici della Federazione che non intendevo ripensarci e così anche quando arrivarono poi alcune offerte dall’estero le declinai proprio perché era arrivato il momento di staccare».
Dopo il suo addio i risultati in Nazionale sono stati piuttosto modesti.
«Occorre dire che siamo di fronte ad un ricambio generazionale ed i giovani devono maturare e nel percorso di questi due anni prima di Tokyo bisogna essere bravi nel cogliere qualche emergente da inserire».
Il suo bilancio con la Nazionale resta ottimo.
«Tirando le somme è sicuramente un bilancio molto positivo di cui sono assai contento, ma devo dire e sottolineare che ho avuto la fortuna di allenare un grande gruppo formato da persone e pugili straordinari che credevano in quello che facevano e che si sono sempre fatti trovare pronti nei grandi appuntamenti vincendo tantissimo e che non smetterò di ringraziare. In eredità ho lasciato un gruppo solido ed un movimento in salute con diversi giovani che promettono bene».
Nella nostra provincia il movimento è in crescita?
«C’è fermento ed interesse, diciamo che vi è un buon numero di praticanti, il livello è discreto ma non eccelso però ritengo che a lungo andare le maggiori adesioni daranno sicuramente buoni frutti qualitativamente».
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