Processo Cagnoni, l'imputato: "Chi tocca una donna non può essere considerato un uomo"

Ha risposto per 4 ore alle domande del suo avvocato difensore e alle repliche del pm e della Corte, questa volta con più tentennamenti rispetto alla scorsa udienza. La ventesima udienza del processo che vede Matteo Cagnoni accusato di omicidio volontario pluriaggravato della moglie Giulia Ballestri, ha visto ancora l'imputato salire sul banco dei testimoni per concludere la sua audizione, iniziata lo scorso 23 marzo. Cagnoni ha negato di aver mai manipolato la moglie, di averle imposto rapporti sessuali quando la loro relazione era ormai finita, nè di averle mai dato medicinali per una "depressione" diagnosticata da lui. Ha, anzi, spiegato di essere rimasto senza fiato leggendo quanto riportato dagli amici della moglie negli interrogatori e in aula che, riferendo le confidenze di Giulia, hanno sottolineato che la donna si sentiva ossessionata da uno psicopatico di cui aveva paura. "Nonostante il tradimento mi abbia ferito molto, non l'ho mai toccata e non aveva alcun motivo per temermi: chi tocca una donna non è degno di essere considerato un uomo. Mi capita di allungare ancora la mano nel letto, la notte per cercarla. Non ho mai smesso di volerle bene, abbiamo avuto una storia importante e tre figli". Non si spiega gli sms mandati al nuovo compagno dove la moglie diceva di aver paura di lui "dice che mi uccide, che l'ho disonorato e che ora sono cazzi miei". "Se davvero l'avessi minacciata di morte penso se ne sarebbe andata di casa" "Con tre figli?" gli ha chiesto il pm. Cagnoni ha dato una descrizione della moglie, negli ultimi mesi del loro matrimonio, molto diversa da quella data dai testi sentiti in aula nei mesi scorsi. "Giulia ha affrontato la nostra separazione in una maniera un po' infantile, forse si sentiva in colpa per la relazione extra coniugale e con tutti diceva che la causa dei suoi problemi ero solo io. Ad agosto 2016, quando l'investigatore che avevo assunto mi ha dato le prove che Giulia mi tradiva mi è crollato il mondo addosso, ho ridotto il lavoro ed ho iniziato a stare molto di più con i miei figli anche perchè lei era spesso 'latitante'. Era una donna completamente diversa rispetto a quella che avevo conosciuto e ci stava che non chiamasse i bambini e staccasse il telefono. Anche per questo motivo, quando mia suocera mi ha detto che era scomparsa e non dava notizie da due giorni non mi sono subito preoccupato: pensavo si fosse ritagliata un weekend con il suo amante".
Le due telefonate la mattina dell'omicidio
Ma sulle due telefonate ricevute da Giulia alle 10,05 e alle 10,06 del 16 settembre, giorno in cui venne uccisa, l'imputato ha un ricordo diverso rispetto a quello registrato dai tabulati telefonici. "Eravamo insieme nel giardino della villa di via padre Genocchi quando lei ricevette due chiamate: la prima durò solo un istante poi cadde la linea, mentre la seconda poco meno di un minuto. La chiamò il centro antidiabetico dove era in cura il padre perchè aveva un appuntamento e tardava". Il pm, però, fa notare che le chiamate provenivano da un centro ottico e che si era attaccata la segreteria "perchè Giulia in realtà non rispose: in quei minuti qualcuno la stava ammazzando".
La settimana prima dell'omicidio
Alle domande del giudice Corrado Schiaretti sulla settimana precedente l'omicidio di Giulia, Cagnoni vacilla: non ricorda orari, nè spostamenti, se sia andato a Firenze a lasciare i bambini dal 12 al 14 settembre dai nonni visto che il 13 aveva appuntamento dall'avvocato divorzista con Giulia. Non ricorda che il 16 settembre, prima di andare a Firenze con i bambini, non permise alla figlia di prendere su il proprio cellulare da casa. Particolare, invece, segnalato dalla figlia maggiore Rachele in una sorta di breve tema che il giudice cita a Cagnoni. E soprattutto non sa spiegarsi come mai un Chrysler Voyager nero con le stesse discrasie del suo, sia stato ripreso dalla videosorveglianza cittadina mentre svolta in via padre Genocchi il 15 settembre, giorno prima dell'omicidio di Giulia, si ferma per 7 minuti difronte alla villa del massacro poi riparte. Secondo l'accusa Cagnoni ha portato acqua distillata ed arma del delitto in casa proprio quel giorno. "Non ero di certo io, non sono stato in quella casa: quel pomeriggio sono andato a ritirare dolci e pizzette ordinate da Giulia per il compleanno di nostro figlio". Il giudice aggiunge che la stessa auto viene ripresa mentre transita nella zona di via Alberoni il 17 settembre, giorno in cui, secondo l'accusa, Cagnoni è tornato a Ravenna nella villa di via Padre Genocchi e chiede spiegazioni. "Non può essere la mia auto: ero a Firenze con la mia Mercedes e non sono tornato a Ravenna". Non sa nemmeno spiegare le due telefonate partite dal telefono fisso della sua casa di Ravenna verso il fisso dei genitori a Firenze, proprio nel pomeriggio del 17. "Forse sono partite da sole, io non le ho fatte". Le prossime udienze saranno riservate ai testimoni della difesa, alla requisitoria del pm e all'arringa della difesa.