PERCORSO AD OSTACOLI | Ravenna, paraplegico «rider» tra ospedale e casa
Mirella Madeo - È giusto che un ragazzo paraplegico, ricoverato in ospedale, debba essere costretto a recarsi nella propria abitazione per espletare le sue necessità fisiologiche, essendo la suddetta struttura priva di un bagno adeguato alle sue esigenze? È ciò che è accaduto a Ravenna, qualche tempo fa, ad una persona in carrozzina durante i giorni di degenza ospedaliera. Mirko è il protagonista dell’increscioso episodio che ci piacerebbe fosse oggetto di riflessione per le autorità competenti, a suo tempo, investite della questione. La sua segnalazione ci risulta, tuttavia, a tutt’oggi, rimasta senza alcun intervento risolutivo.
Essendo in carrozzina a causa di una paraplegia, Mirko si è trovato ad affrontare una situazione inaspettata. Durante i giorni di degenza presso il nosocomio della nostra città, a causa dell’assenza, in tutta la struttura, di un wc con doccino di servizio, che gli consentisse di provvedere alla sua igene personale, questi è stato costretto a fare la spola tra il suo domicilio e l’ospedale. Una situazione che ha dato origine ad un disagio facilmente evitabile se si fosse anche solo data attuazione a quanto previsto dai decreti (D.p.r.) n. 384/78 e 236/89 i quali, in ottemperanza alle condizioni di vivibilità e sicurezza di ogni ambiente abitativo, sia pubblico che privato, stabiliscono che almeno un nucleo-servizi, dotato di doccia, deve essere accessibile anche ai disabili. Tuttavia, non è detto che un bagno pienamente conforme ai dettami della predetta normativa, peraltro raro a trovarsi, sia comunque sufficiente a soddisfare le necessità di una persona disabile costretta a muoversi in sedia a rotelle. Per una piena accessibilità è infatti necessario che i bagni destinati ai disabili abbiano, tra gli altri accorgimenti previsti, un doccino di servizio, ed un wc con ciambella provvisti di scasso per la mano, essendo altresi essenziale che vi sia una «sedia comoda» con doppia funzione di water-doccia, per garantire loro ed a chi se ne prende cura, la massima sicurezza di movimento all’interno dell’apposito «box». Una storia, quella di Mirko, violato nella sua dignità di persona, che lascia con l’amaro in bocca per l’inerzia di chi avrebbe dovuto impedire quanto accaduto, rendendosi al contrario responsabile di una vicenda tutt’altro che civile.