Pd verso il congresso, il senatore Collina: "Zingaretti? Meglio Delrio"

Romagna | 30 Settembre 2018 Politica
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Manuel Poletti - «Al Pd serve una nuova prospettiva. Oltre Zingaretti chi vorrei candidato segretario al congresso Pd? Graziano Delrio. Dal Governo nessuna visione, creano solo paura e insicurezza. La Legge di bilancio sarà decisiva per capire quanti danni produrranno al Paese Salvini e Di Maio». Così il senatore faentino dem Stefano Collina analizza il momento politico, fra annunci dell’essecutivo e caos permanente nel Pd, che domenica 30 scende in piazza del Popolo a Roma per dire basta alle politiche di questo esecutivo giallo-verde.
Senatore Collina, i primi 100 giorni del governo Conte di concreto cosa lasciano, a parte molti annunci? Il premier ed i 5 Stelle sono succubi di Salvini e la Lega?
«Non si vede una visione per il futuro del Paese, non c’è un Governo, ma due Governi che agitano per aria in modo alternato un contratto che ad oggi pare un libro dei sogni e che per il momento sta producendo solo lo smantellamento di molte scelte che tanti ritengono ancora giuste e di buonsenso».
I sondaggi, tutti, continuano a premiare la «linea Salvini», portando la Lega a raddoppiare quasi i consensi rispetto ‪al 4 marzo. La fuga degli investitori internazionali e la frenata dell'economia pare non contino per la maggior parte degli italiani. Come si inverte questo trend?
«Questi Governi hanno bisogno tutti i giorni di un nemico a cui dare la colpa e di creare paura e insicurezza. La Legge di bilancio che verrà presentata il 15 ottobre sarà il primo momento della verità dalla quale tutti prenderemo coscienza di quali scenari negativi si aprono per il futuro del Paese».
Nella manovra in discussione, il governo vuole inserire Flat Tax, reddito di cittadinanza e riforma della Fornero. Possibile farlo? Quali invece le priorità del Pd?
«Sui temi economici mi fido dei giudizi di Cottarelli e Draghi e non dei proclami di Salvini e Di Maio, ai quali i conti non tornano mai. Per il Partito Democratico invece occorre rilanciare gli investimenti in infrastrutture, rafforzare il reddito di inclusione e proporre politiche attive per il lavoro. Questi Governi invece dicono “no” alle infrastrutture e fanno aumentare la disoccupazione».
Domenica 30 il Pd scende in ‪piazza a Roma. «Per l'Italia che non ha paura» è il titolo della manifestazione, perché questa scelta?
«Perché questi Governi stanno proponendo idee che si nutrono di paura, astio e rancore e praticano azioni ed atteggiamenti che rappresentano un indebolimento delle istituzioni e della democrazia del nostro paese e che preparano la disgregazione dell'Europa. Noi siamo per gli “Stati Uniti d'Europa”, uno spazio aperto, perché vediamo nell’altro una ricchezza: siamo per un’Italia che non ha paura».
Per molti, addetti ai lavori e non, il Pd non sta facendo opposizione perché litiga troppo al suo interno. Fare presto il congresso è l'unica strada per ripartire o no?
«Una volta si chiamava la linea del partito: l'identità. Oggi credo dobbiamo parlare di prospettiva, di un futuro che indichiamo al Paese e agli italiani, perché dobbiamo aprirci e non chiuderci. Per una sinistra moderna, proporre una prospettiva significa che prima di confrontarci sulle alleanze dobbiamo confrontarci sui grandi temi. Un esempio di quanto c'è da discutere? Cuperlo all’assemblea nazionale ha affermato che per rimediare agli errori commessi in questi anni dobbiamo rimettere distanza tra lavoratori e impresa perché un partito di sinistra non sta da tutte e due le parti, mentre Delrio in aula sul decreto dignità asserisce tra gli applausi che lavoratori e impresa sono dalla stessa parte perché la priorità per tutti è creare lavoro. Questa discussione irrisolta si riflette anche nel nostro fare opposizione in Parlamento: secondo me, il Pd doveva presentare l’emendamento al decreto dignità, per riproporre i voucher in Agricoltura e Turismo (e a Ravenna penso si capisca bene) e invece abbiamo attaccato il Governo forse pensando di trovare al nostro fianco la Cgil, che qualcuno magari immaginava avrebbe rimesso in piazza i banchetti per raccogliere le firme per un referendum. Il Pd deve stare sul fronte che i nuovi contesti ci propongono. Se nei “Mille giorni” abbiamo fatto scelte che hanno migliorato l'Italia, ma che non ci hanno restituito sufficiente consenso, però quelle sono le scelte che vanno in alcuni casi corrette, ma che sostanzialmente rappresentano la nostra prospettiva di sinistra moderna europeista».
La nuova prospettiva del partito viene prima o dopo la leadership e le alleanze?
«Non so se arriveremo a parlare di prospettiva, prima che di leadership o prima che di alleanze. Le alleanze sono sicuramente le ultime, perché dipendono molto dalle condizioni specifiche del momento: ricordo che anche Bersani ha fatto politica per anni dicendo "mai con Berlusconi" e poi ci ha governato insieme. È il confronto sui grandi temi che oggi manca e di conseguenza fa mancare anche lo spazio per esercitare la responsabilità all'interno del Pd, facendo esplodere una conflittualità inutile».
Oltre Zingaretti, chi vedrebbe bene come candidato segretario?
«Graziano Delrio».
 
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