Paralimpiadi 2024, il sogno a cinque cerchi di Ragazzini: «Ossessionata da Parigi, che emozione»
Tomaso Palli
Se da una parte gli occhi di tutti sono oggi puntati su Parigi per i Giochi Olimpici in pieno svolgimento, dall’altra c’è chi sta affinando la preparazione in vista di fine agosto quando, nella capitale francese, si alzerà il sipario sui Giochi Paralimpici. Nella spedizione azzurra ci sarà anche Carlotta Ragazzini nel tennistavolo. Classe 2001, la giovane faentina, inserita nella classe 3 a causa di un problema alla colonna vertebrale che le impedisce una completa mobilità, sarà alla prima manifestazione a cinque cerchi: «Partiamo, direzione Parigi, il 24 agosto - spiega - con la cerimonia di apertura che si terrà il 28. Il giorno successivo, il 29, inizierò col doppio misto in coppia con Federico Corsara, un mio compagno di squadra di Verona. Mentre il singolare inizierà il 1° settembre».
Ragazzini, arriva dall’Open di Thailandia con l’argento nel singolare e il bronzo nel doppio. È soddisfatta in vista dei Giochi?
«Era l’ultimo torneo prima di Parigi, un modo per provare un po’ le ultime cose. Ma era anche importante per la classifica. L’Olimpiade sarà ad eliminazione diretta e le prime quattro del ranking saranno teste di serie: se rientri tra loro, sei sicura di non incontrare le altre che sulla carta sono più forti. Ero numero quattro del ranking mondiale e sono riuscita a mantenere la posizione. Perciò sono certamente contenta per il risultato ma in generale per l’andamento del torneo che mi ha dato buone sensazioni».
Ora, allenamento e riposo?
«Più allenamento che riposo. Resto a casa pochissimo perché poi riparto direzione Lignano Sabbiadoro dove abbiamo il centro federale e ci alleniamo tutto l’anno. In una situazione normale, trascorro circa venti giorni al mese lì, a casa sono pochissimo. E infatti, da qui a Parigi, tornerò per tre o quattro giorni, ad esagerare. Quindi sì, tanto allenamento, circa sei ore al giorno a cui aggiungere, due volte a settimana, un po’ di preparazione atletica. Ma è giusto così perché manca un mese, che può essere lunghissimo o cortissimo».
Sarà la sua prima Paralimpiade. Soddisfazione, orgoglio, tensione: pensandoci, che cosa trova?
«L’ho saputo ad inizio aprile e mi sono qualificata attraverso il ranking mondiale che chiudeva il 31 marzo. Avevo fatto tutti i calcoli e perciò già sapevo di rientrare tra le qualificate, ma quando poi l’ho visto scritto, è stata tutta un’altra storia. È il risultato di tutto quello che ho fatto negli anni da quando ho iniziato a giocare: vedevo gli altri partecipare alle Paralimpiadi, mentre oggi tocca a me. È certamente una soddisfazione e un orgoglio immenso. All’inizio, le Paralimpiadi erano un sogno ma, piano piano, si sono trasformate in un obiettivo, un passo in avanti. Averle raggiunte è il sogno che si avvera».
E andrà a Parigi, per la quale ha una certa passione. Si fermerà a visitarla a fine Giochi?
«Ancora no! Non so se avremo tempo perché, appena dopo la cerimonia di chiusura, partiremo subito, la mattina successiva. Prima o poi tornerò ma al momento non ho ancora programmato niente. È la città per la quale sono ossessionata da quando avevo 11 anni, la mia camera è tappezzata di cartoline, foto, quadri. Ci sono già stata in passato, ma spero di tornarci. Alla fine, ho messo insieme: Parigi e le Paralimpiadi (sorride, ndr)».
Quale obiettivo si è data? E magari una speranza.
«Il sogno di tutti, una volta qualificati, è vincere una medaglia. Ma devo dire che le Paralimpiadi sono una gara a sé. Me lo dicono tutti e ci credo perché ho già notato la differenza tra Europei e Mondiale, e così immagino anche per i Giochi. Non so come sarà una volta arrivata lì, ma come dice anche il nostro allenatore, non bisogna pensare alle cose troppo grandi perché poi diventa più complicato. Cerco di pensare a ciò che posso controllare e l’obiettivo è mettere in pratica quanto ho imparato in questi anni: se sarà abbastanza per vincere una medaglia, sarò contenta. Sicuramente, arrivare lì sarà un’emozione irripetibile che non mi posso immaginare. Perché, quando le cose te le raccontano gli altri, è un conto. Ma quando tocca a te, è diverso».
Indipendentemente dalla medaglia, Carlotta sarà soddisfatta se
?
«Riuscirò a gestire ogni cosa al meglio delle mie possibilità».