Modigliana, in giro a piedi su sentieri di media collina per smaltire le abbuffate tra gli abeti di Montebello
Sandro Bassi - Per smaltire cappelletti, cappone e bicchieri di troppo, sarà necessario, da Santo Stefano in poi, qualche giro a piedi disintossicante: non ci vorrà molto, visto che sui sentieri di montagna si bruciano calorie in modo efficiente e anche gratificante, inoltre dopo settimane di consumismo è giusto e bello tornare al gesto antico e semplice del camminare… infine abbiamo pensato di proporre un itinerario pertinente anche da un punto di vista contemplativo: a Montebello di Modigliana, fra abeti, pini, cedri e altre conifere «natalizie» - solitamente bistrattate in quanto non autoctone, ma qui storicizzate e, almeno a Natale, perdonabili - per finire con una quercia secolare del tutto autoctona, recentemente valorizzata con una pulizia dei rovi che ha evidenziato possenza e bellezza del tronco.
Da Modigliana si prende la strada per Rocca San Casciano, quella che risale il fondovalle Ibola verso il passo di Monte Chioda; dopo una decina circa di km, appena dopo Villa di Papiano, si parcheggia nei pressi di due pilastri in pietra a destra della strada che fronteggiano una caratteristica madonnina fra cipressi a sinistra. Si entra così nell’ex azienda agricolo-forestale Montebello (sentieri 431, 574 e Cammino di Assisi), vasta 320 ettari, rimboschita negli anni ‘60-’70 e affidata da tempo al Comune di Modigliana che di recente ha provveduto a restaurare edifici (soprattutto le case de Le Prata, adibite a rifugio) e sentieristica e a valorizzare l’ambiente anche con opere di land art. Oltrepassato l’agglomerato de Le Prata si prosegue sempre sul bel sentiero 574, a mezza costa fra carpini e roverelle che spesso cedono il posto a conifere.
Il «giro di boa» del nostro itinerario è presso una casa abbandonata a quota 541: l’ora e mezza di scarpinata necessaria ad arrivare fin qui ci ha già fatto bruciare almeno due piatti di capelletti e mezzo pollo arrosto. La successiva salitella verso sinistra (cartelli per La Tomba) ci fa intaccare anche l’accumulo di panettone, ma è la vicina «pettata» a destra, assai ripida, ad assestare una bella botta al recente abuso di zuccheri e alcolici. Si raggiunge così la più bella méta della giornata: la secolare quercia del Poggiale, presso l’omonima casa (oggi rudere) alla quale forniva in abbondanza preziose ghiande per i maiali.
Da qui a sinistra per improbabili boschi di cedri verdazzurri (sono quelli dell’Atlante Marocchino, molto rustici e diffusi nel dopoguerra sia per giardini che per rimboschire ex coltivi) e curiosità - sfiorando un raro ciuffo di pini bruzi, originari della Calabria e di cui un esemplare, il più vicino al sentiero, è segnalato da cartello.
Ultima sorpresa botanica prima di chiudere l’anello è presso la casa Tomba ove sul lato nord-ovest (ove bisogna voltare per il sentiero che ridiscende a Le Prata) è stato piantato un gelso verniciato sul tronco con un vivissimo color fucsia: si tratta di una creazione di land art che può piacere oppure no ma che denuncia, in ogni caso, la vitalità di una natura che si ribella e che reagisce alla protervia di noi uomini.
Per l’intero giro calcolare dalle 2 alle 4 ore a seconda di soste, allenamento e voglia, ma soprattutto procurarsi una cartina: vanno bene «Appennino Faentino 1: 25000» del Cai Faenza o «Sentieri Agrourbani di Modigliana.