Marina di Ravenna, nel 40% delle tartarughe c'è plastica
«Quando troviamo le tartarughe, il 40 per cento di loro ha all’interno plastica. La scambiano per animali, per cibo e la ingeriscono. Solitamente hanno meno voglia di mangiare, se è successo. Non solo: la plastica, se non viene evacuata, può causare complicazioni fino alla morte dell’animale stesso». Sara Segati, direttrice scientifica del Cestha di Marina di Ravenna, si esprime così in merito al lavoro svolto dal centro sperimentale per la tutela di habitat che ha la sede, dal 2016, nel complesso storico dell’antico mercato del pesce di Marina di Ravenna, riconvertito a polo ricerche marine e centro documentazione ambientale.
«Siamo a conoscenza di altri centri che, come noi, si occupano di animali che si incastrano nella plastica – spiega Segati -. La plastica più pericolosa è quella forma circolare, in quanto gli animali vi rimangono incastrati e possono, quando crescono di dimensioni, subire dei gravi problemi». Visto che esistono degli studi sul fatto che i nostri fiumi siano pieni di detriti di plastica che poi arriva al mare, il Cestha ha pensato di lavorare proprio in questa direzione: «Grazie a un finanziamento del Comune di Ravenna stiamo cercando di trovare e identificare il grosso della plastica dei Fiumi Uniti. Non solo la parte che galleggia, sia chiaro, ma anche quella che si deposita sul fondale. Il progetto è già partito con alcuni interventi e l’indagine specifica per l’individuazione della plastica sarà portata avanti durante l’estate. Speriamo che questo porti a una sostanziale riduzione della plastica che arriva dai fiumi in mare».