Marina di Ravenna 10 anni dopo lo sballo, “oggi manca una nuova identità”

«Era un modello forse vincente. Ma sfuggì di mano. La prima immagine che ho di Marina oltre dieci anni fa è quella di una località piena di gente ma senza regole e senza controlli». Marino Moroni, presidente della Pro Loco di Marina di Ravenna, non usa toni nostalgici quando ricorda il paese nei primi anni Duemila. Un paese che nell’immaginario dei ravennati è legato anche alla celebre foto scattata nel luglio 2009, che ritrae l’allora sindaco Fabrizio Matteucci mentre versa un secchiello di mojito in un tombino di viale delle Nazioni, a riprova della sua battaglia a movida, sballo e happy hour ad alto tasso alcolico. Ripensando a quei tempi, Moroni ha comunque addosso la sensazione di un’occasione ormai perduta: «La situazione che si era venuta a creare andava assestata, corretta, accompagnata. Invece, durante l’amministrazione di Fabrizio Matteucci, fu fatta la scelta di abbatterla. La nostra linea, che prevedeva di aprire un tavolo di concertazione con le attività e con le forze dell’ordine, non venne assecondata. E oggi ne paghiamo senz’altro le conseguenze. Perché se è vero che certi eccessi sono stati fortunatamente eliminati, è altrettanto vero che abbiamo perso la grande frequentazione e i suoi risvolti positivi su negozi, bar, bagni, ristoranti». Ma il problema, per Moroni, è ancora più grande: «Al modello precedente, quello dello sballo, non ne è stato sostituito un altro. Senza un’alternativa, il turismo balneare sta soffrendo moltissimo».
«OCCASIONE PERDUTA»
Era in parte meglio quando era peggio anche per l’imprenditore Cristiano Ricciardella, che prima del 2009 ha gestito il Santa Fè e il Bbk: «Noi vivevamo gli strascichi degli happy hour sulla spiaggia, perché da noi alcuni clienti arrivavano già sfatti. Sono convinto che non spettasse a noi occuparci di quella parte sociale, che invece era di competenza delle istituzioni. Non voglio parlare male dell’Amministrazione ma davvero, per chi doveva fare il mio mestiere, non era facile doversi preoccupare anche di aspetti così avulsi dalle nostre competenze . Penso, tuttavia, che avere detto no a quel modello invece che provare ad aggiustarlo, non abbia portato a benefici, Io, oggi, a Marina non tornerei più a lavorare. La località ha perso la prima e ultima grande occasione sperimentata in dieci anni: quella di un rilancio e di una visibilità che probabilmente non torneranno».
«INIZIAMMO A FARE TATUAGGI»
E all’epoca c’era anche Matteo Girotti, operatore del Ser.t e storico nome del progetto di prevenzione all’uso di sostanze tra i giovani «Sicuramente al mare», tra gli stabilimenti balneari di Marina: «Ricordo benissimo, nel 2001 quando iniziai, la fatica di essere accettati. Nessuno era disponibile ad accogliere la nostra presenza in mezzo alla musica, alle feste, agli happy hour e all’alcol a metà prezzo. Facemmo allora la scelta strategica di non indicare, sui nostri striscioni, i nomi di Ausl e Comune. Ci mettemmo a proporre tatuaggi all’henné per agganciare i giovani e così iniziammo un lavoro di sensibilizzazione che allora era incentrato sull’evitare le cosiddette stragi del sabato sera. Il problema dello sballo era tangibile ma il bello era riuscire a lavorare in rete, con le forze dell’ordine e le associazioni di categoria, senza che nessuno guardasse al proprio orticello. Una modalità di lavoro che oggi, nell’era della società adolescenziale, è diventata impossibile». A questo si aggiunge la difficoltà di misurare, in termini di efficacia, i risultati di un progetto ormai di lunga data: «Allora organizzavamo sessanta-settanta uscite l’anno in un periodo molto breve. Oggi ne facciamo una ventina. Stiamo cercando di rilanciare il progetto coinvolgendo anche i cosiddetti “peer”, i coetanei dei giovani che andiamo a intercettare. Il problema dell’uso di alcol c’è ancora, è innegabile. Ma oggi, almeno, andare nei luoghi del divertimento non è più visto come qualcosa di assurdo».