Mamme detenute con i bimbi, nel faentino un progetto pilota
Silvia Manzani
Sono 49 i bambini detenuti in Italia, insieme alle loro mamme, nelle carceri o negli Istituti a custodia attenuata. Sfruttando le possibilità contenute nella legge 62 del 2011 che prevede la possibilità di far scontare la pena alle madri in case famiglia protette, l’associazione «Francesco Bandini» di Faenza lancia il progetto pilota «Libero per me» che consentirà a una donna e ai suoi figli - ma si spera, in futuro, anche a più nuclei familiari simili - di usufruire di uno dei monolocali della struttura «Il giardino dell’ospitalità» di Reda, che già accoglie donne in difficoltà.
A REDA IL «TERZO MODELLO»
«L’idea - spiega l’educatrice e vicecoordinatrice Wilma Garavini - è nata all’interno dell’équipe ed è stata molto apprezzata dall’associazione. Abbiamo fatto molte ricerche sul tema, scoprendo che nell’intero Paese esistono solo due modelli come quello che vogliamo implementare. Uno è stato attivato a Roma, l’altro a Milano dall’associazione C.I.A.O. Onlus»». Il suo direttore Andrea Tollis, insieme al dirigente del Provveditorato amministrazione penitenziaria dell’Emilia-Romagna Marco Bonfiglioli, sarà protagonista di una serata organizzata per raccogliere fondi per il progetto e sensibilizzare la cittadinanza sull’argomento. Martedì 10 dicembre alle 20.30, al Cinema Europa di Faenza (via Sant’Antonino 4) verrà proiettato il documentario di Rossella Schillaci «Ninna nanna prigioniera», il diario intimo di una madre, Yasmine, combattuta tra il desiderio di avere accanto i suoi figli in carcere e la consapevolezza che il loro bene si trova oltre le sbarre.
UN CASO A BOLOGNA
Un argomento di nicchia ma che secondo la «Francesco Bandini» è bene e urgente portare all’attenzione delle persone: «Siamo rimasti molto male quando abbiamo scoperto che molti dei bambini che vivono in carcere sono malati o vivono condizioni di disabilità che aggravano ancora di più la loro grande sofferenza e quella delle mamme. Andrea Tollis, in questo percorso, è diventato il nostro referente, anche grazie al suo desiderio di fare rete, visto che le esperienze di questo tipo si contano sulle dita di una mano e c’è molta solitudine intorno a chi si mette in gioco e lavora su questo settore. Siamo anche venuti a conoscenza del fatto che a Bologna c’è una mamma detenuta con due bimbi piccoli. Potrebbe fare al caso nostro, vista la vicinanza territoriale».
VIGILANZA NOTTURNA
A facilitare l’applicazione del progetto, è il fatto che il modello di accoglienza della realtà faentina funziona 24 ore su 24: «Mentre a Milano gestiscono la sorveglianza, in orario notturno, con le telecamere, noi siamo una comunità con la vigilanza attiva anche di notte. Va comunque sottolineato che, per una mamma che viene ospitata in appartamento, evadere significa avere molto da perdere, visto che tornerebbe dietro le sbarre. Il fattore deterrente, dunque, è molto forte. Poi ogni situazione è a sé: «A seconda delle indicazioni del magistrato di sorveglianza, le prescrizioni possono essere più o meno rigide. C’è chi può uscire, per esempio, per portare i figli a scuola, ma sempre all’interno di un tempo stabilito e chi, invece, deve rimanere dentro». Il via al progetto è anche un’occasione per ribadire la necessità di nuovi volontari: «Le persone che ci aiutano sono, nella maggior parte dei casi, anziane. Ci sarebbe davvero bisogno di nuove disponibilità e nuove energie».