Lugo, morte "Balla": confermato il carcere per i quattro "amici"

Romagna | 16 Giugno 2018 Cronaca nera
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Il giudice Andrea Galanti, dopo l'interrogatorio di garanzia del 15 giugno, ha confermato il carcere per quattro ragazzi accusati di omicidio volontario aggravato e detenzione e spaccio di stupefacenti, riservandosi di scegliere misure alternative nei prossimi giorni. I giovani (la 22enne Beatrice Marani, due 28enni, Leonardo Morara e Simone Giovanni Palombo ed un 24enne, Ayoub Kobabi) passarono la notte tra l'11 e il 12 aprile 2017 con il 19enne Matteo Ballardini che venne trovato morto per overdose nella sua auto. In tre si sono avvalsi della facoltà di non rispondere, il 24enne ha, invece, raccontato la serata spiegando come sia stata la 22enne a dare metadone ed antidepressivi a Matteo e come il gruppetto abbia passato la notte a bere, consumare droga e spostarsi in auto con Matteo in stato agonico assieme a loro. Uno dei 28enni non ha risposto al giudice, ma ha solo spiegato che nessuno pensava che la situazione del loro amico fosse così grave. Secondo quanto ricostruito dalle indagini della Mobile coordinate dal prcuratore capo Alessandro Mancini e dal pm Marilù Gattelli, Matteo si sentì male attorno alle 23 ed entrò in uno stato d'incoscienza. Gli amici non allertarono i soccorsi, ma continuarono a "far serata" poi, alle 8, lo lasciarono dentro la sua auto in un parcheggio appartato di Lugo vicino a via San Giorgio, dove venne trovato cadavere nel primo pomeriggio, morto per edema polmonare causato dall'assunzione di un mix di sostanze stupefacenti.Per le indagini sono stati esaminati filmati della videosorveglianza cittadina e sono stati ascoltati diversi testimoni alcuni dei quali hanno riferito che, dalle telefonate ricevute dai ragazzi quella notte era possibile sentire il respiro agonico di Matteo in sottofondo. Nella sua ordinanza, il giudice Andrea Galanti, ha parlato di "rara inumanità" riferendosi ai quattro "amici" che pur di finire la loro serata di sballo hanno scelto consapevolmente di non chiamare i soccorsi, per non rischiare che la polizia potesse inquadrarli come spacciatori. Morara, è passato anche alcune volte a vedere se Matteo si fosse ripreso, ma ha continuato a non far nulla per aiutarlo mentre la mattina del 12 aprile, quello che il giudice ha definito un "coro muto" di ragazzi lughesi che conosceva "Balla", ha iniziato a parlare della vicenda sui social e sulle chat, canali tipici usati dai giovani e privilegiati alle telefonate, messaggi che sono stati usati dagli inquirenti per iniziare a far luce sulla triste vicenda.
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