L’acqua, il calcio, il trolley: integrare, a Faenza, è un affare di famiglia

Romagna | 15 Gennaio 2020 Cronaca
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Fabrizia Montanari
«I nostri bambini facevano a gara per portargli il trolley e così abbiamo rotto il ghiaccio». Laura T., faentina, 38 anni, una laurea in economia aziendale, introduce così il primo contatto con Rasaq, ragazzo nigeriano oggi 25enne che dall’inizio del 2018 dimora a casa sua, del marito Guido Z., ingegnere, e dei due figli di 8 e 6 anni. Da quando, cioè, trasferitisi in campagna, hanno dato la loro disponibilità alla Caritas faentina per intraprendere un percorso di accoglienza nei confronti di migranti bisognosi di una collocazione in attesa di avere i mezzi per raggiungere la propria autonomia. 
«Rasaq è con noi dal 2018 - racconta Laura - e la sua indole tranquilla e operosa fa si che si sia gradualmente integrato nelle dinamiche familiari: condivide con noi la quotidianità fatta di incombenze domestiche, ma anche di momenti di svago e divertimento. Certo, all’inizio non è stato tutto facile, non mangiava e parlava pochissimo l’italiano, poi pian piano, visto che gli piaceva, l’abbiamo fatto giocare a pallone e così si è sciolto ed ha cominciato a riprendere gusto per la vita». Vita che, fino al 2015, da quando cioè è sbarcato in Italia, a Trapani, insieme ad altri connazionali, non era stata generosa con lui: l’anno trascorso in Libia infatti, gli aveva lasciato strascichi psicologici difficili da dimenticare causati da indicibili violenze fisiche. Poi, una volta giunto in Italia, lo status di rifugiato gli era stato negato per ben due volte, costringendolo di fatto all’illegalità tanto che, giunto a Faenza dopo molte peripezie, si era ritrovato a chiedere l’elemosina. In questo stato lo ha trovato Sara Stampa, maestra faentina delle scuole Pirazzini, che lo ha subito indirizzato alla Caritas, continuando nel frattempo ad aiutarlo insieme al marito Davide Patuelli, nel portare avanti le pratiche della sua richiesta di permesso di soggiorno e nel contempo per orientarsi nelle svariate incombenze che richiede vivere soli in un paese totalmente estraneo e diverso dal proprio per usi e costumi: «Rasaq si è fatto subito volere bene - dice Sara -. In Caritas si è reso utile in mille modi e il fatto che, nonostante i suoi trascorsi, il suo cuore non si sia indurito, ma anzi sia sempre pronto alla riconoscenza e alla gratitudine,  lo ha reso ancora più amabile». Oggi Rasaq ha, finalmente, il permesso di soggiorno e un lavoro in agricoltura dal luglio scorso, da quando cioè un contadino della parrocchia di Pieve Ponte lo ha indirizzato alla raccolta della frutta: «Ora è più estroverso - dice Laura - ha amici e una fidanzata nigeriana, si muove in bicicletta e gioca a calcio nella squadra del Sant’Andrea».
Lo scorso febbraio, tramite la Caritas, Laura e Guido sono stati con lui a Roma dal Papa per tre giornate dedicate alle comunità accoglienti: «La scorsa estate, invece, lo abbiamo portato al mare insieme ai nostri figli e ci siamo molto divertiti. Rasaq è un giocherellone e la presenza dei nostri bambini ha aiutato molto lui a superare le sue fragilità: non aveva mai nuotato e l’acqua, dopo la traversata sul barcone, incuteva in lui ancora una certa diffidenza». Il prossimo step è trovare un alloggio per il ragazzo che, mendicante solo qualche anno fa, oggi è ormai avviato alla completa autonomia: «Siamo in trattative per un appartamento - dice ancora Laura - e sentiremo la sua mancanza quando se ne andrà, soprattutto i bambini che si sono affezionati a lui come ad un fratello maggiore. Ma tutti accettiamo il fatto che ora Rasaq deve seguire la sua strada e comunque ci terremo in contatto, speriamo abbia sempre bisogno di noi».
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