Il Trebbiano spumante “Novebolle-Bolé” sul mercato con 80mila bottiglie

Romagna | 03 Maggio 2018 Le vie del gusto
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L'idea c'è, forse nata un po' in ritardo rispetto ai trend di mercato sparkling, ma non si può certo dire che non sia una mossa importante per il posizionamento del vino romagnolo in Italia e, soprattutto, nel mondo. Con «Novebolle - Bolé» i colossi cooperativi del vino, Caviro e Terre Cevico, in collaborazione con il Consorzio vini di Romagna, hanno abbassato l'ascia di guerra concorrenziale per correre assieme con un progetto enologico che possa sdoganare uno dei vitigni più antichi, coltivati ed esportati della Romagna: il Trebbiano (14.700 ettari di impianti circa il 30% della superficie regionale). «Novebolle-Bolé» è il nome dato alla nuova tipologia di Romagna Doc Spumante che riprende un'identità in bottiglia antica, nata a cavallo del Novecento, che vedeva questo territorio produrre vini di lusso, gli «Sciampagna» soprattutto nell'epoca della Belle Époque.
Oggi la scommessa è lanciata attraverso una produzione che guarda al futuro con un prodotto di facile beva e soprattutto grande economicità nel rapporto qualità-prezzo. Nello specifico Novebolle è il marchio collettivo realizzato per dare identità al progetto che permetterà a tutti i viticoltori che ne vogliano entrare a far parte di poter produrre questo nuovo tipo di spumante. Da qui nasce Bolé che invece si identifica con il vino vero e proprio la cui produzione si attesta oggi sulle 80mila bottiglie.
Il Romagna Doc spumante oggi lo si può trovare nelle versioni Brut ed Extra dry. Si sta inoltre pensando di realizzare anche una versione rosé creata utilizzando uno dei vitigni simbolo di questa terra: il Sangiovese.
Per quanto riguarda la degustazione questo vino parla di un territorio che sa scommettere sul futuro. C'è quella giusta leggerezza quasi una neutra personalità tipica del Trebbiano che si sposa con la polposa e succosa aromaticità del Famoso (5%). Un incontro che sposa il brio presente, croccante e abbastanza fine di un perlage, tipico del metodo Martinotti, con quel richiamo alla pesca matura, ai fiori di campo e ai frutti tropicali tipica del vitigno semi-aromatico romagnolo (Famoso). C'è un sottile richiamo alla bollicina per eccellenza italiana (Prosecco) ma senza forzature da «ciclostile» enologico. Buona la persistenza e il finale amarognolo che invita al sorso allegro e conviviale.
La storia dello «champagne» di Romagna
«Champagne e spumanti di Romagna, dal primo Novecento ad oggi» (Valgimigli, 2018, pp 158, 15 euro). Questo è il titolo del libro realizzato da Giordano Zinzani e Beppe Sangiorgi, presentato al Vinitaly, che affronta con approccio storico-sociale l’evoluzione, la diffusione, la crisi e la ripresa delle bollicine made in Romagna.
Poco più di 150 pagine, con una coda fotografica con immagini e materiale pubblicitario d’epoca, in cui i due autori ripercorrono con dovizia di particolari e aneddoti l’evoluzione della vinificazione spumantistca di queste terre. Un territorio, quello romagnolo, che ha visto nel ‘900 grandi produttori di vino con le bolle, compreso produzioni di Champagne visto che allora si poteva ancora chiamare così un vino realizzato con il Metodo classico anche fuori dal territorio francese. Vini di lusso creati in diverse realtà sparse da faenza al cesenate e decantati anche da grandi personaggi del calibro di Giovanni Pascoli.
Nel volume si racconta tutto questo, vicende umane, aziendali, epopee vitivinicole inedite e non conosciute ai più che oggi possiedono però un grande valore storico e culturale e che ci fanno dire che la Romagna è un «territorio divino».
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