Il ravennate Giuseppe Tagliavini ha messo mano agli effetti speciali del secondo Avatar, premiato con l’Oscar

Romagna | 17 Marzo 2023 Cultura
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Federico Savini
«Ho lavorato solo 4-5 mesi ad Avatar: la via dell’acqua e mi ha quasi sorpreso vedermi accreditato nei titoli di coda. Direi questo Oscar è stato pienamente meritato dai miei colleghi che ci hanno lavorato anche 4 anni. È bello far parte di un gruppo simile». Lavorare per alcuni mesi a uno dei film più importanti di questa stagione cinematografica, che ha pure portato a casa l’Oscar (annunciato) per i migliori effetti speciali, per Giuseppe Tagliavini è una cosa «che si poteva anche non sottolineare». E non certo perché premi simili siano roba da tutti i giorni, anche a casa del mago ravennate degli effetti speciale che lavora per la Weta Digital ai vertici mondiali del suo campo da anni, ma più che altro perché Tagliavini lavorò ancora di più al primo Avatar, quello che davvero - un po’ come Guerre Stellari e Jurassic Park - nel 2009 fissò un nuovo standard per il mondo (e le possibilità) degli effetti speciali.
Ad ogni modo, il sequel di quel film entrato nella Storia (resta il maggiore incasso di sempre), è stato nuovamente firmato da James Cameron e si è confermato, alla Notte degli Oscar, come il film «da battere», e che poi nessuno ha battuto. «Nei mesi durante i quali ho lavorato ad Avatar: la via dell’acqua portavo avanti anche altri progetti - racconta Tagliavini dalla Nuova Zelanda -, a differenza di quanto accadde per il primo film, che mi vide occupato su molte cose, tanto che poi venni nominato, anche per personalmente, per tanti premi. Di cose ne ho fatte anche per questo secondo film, ma diciamo che il mio è stato un lavoro più commissionato che creativo, quindi legittimamente ho avuto un ruolo nel film ma non vorrei mai togliere visibilità ai colleghi che sono stati in tutto e per tutto, e pure per anni, dentro a questo film. Che, manco a dirlo, ha degli effetti speciali bellissimi. Tra l’altro devo dire che la creazione di una scena particolare del film ha rappresentato per me una sfida difficile. Mi riferisco a una scena triste e abbastanza angosciante, nella quale ci sono azioni crudeli contro gli animali. Cose che faccio fatica a sopportare quando mi limito a vederle, per cui doverci lavorare è stato difficile. Ma il lavoro è fatto anche di questo, e probabilmente è meglio che quel tipo di scena venga realizzata da chi ha un legame affettivo con gli animali».

 
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