IL CASTORO | Riders, più tutele nell’ultimo decreto legge

Romagna | 22 Giugno 2021 Blog Settesere
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Giulia Rosetti

La procura di Milano, a fine febbraio, ha accusato le aziende del food delivery Just Eat, Glovo, Deliveroo e Uber Eats di «aver violato le norme sulla salute e sulla sicurezza del lavoro», comminando multe da 733 milioni di euro e ingiungendo la trasformazione del rapporto di lavoro di 60 mila fattorini da autonomi e occasionali a parasubordinati. Le multinazionali in seguito hanno fatto ricorso ma, a inizio aprile, la direzione dell’ispettorato del lavoro di Milano - Lodi li ha respinti.

Il settore della ristorazione è stato uno dei più colpiti dalla pandemia da Covid-19. La pratica delle consegne a domicilio è diventata un imperativo per bar e ristoranti. Questi ultimi però non sono riusciti a tenere testa alle grandi aziende che il cibo lo portano a casa con cui, in diversi casi, hanno dovuto collaborare. Nell’ultimo anno i profitti di queste multinazionali sono aumentati notevolmente, ma a discapito di chi? Senza dubbio dei riders. La loro è una professione che è stata riconosciuta solo recentemente, grazie al decreto-legge 3/9/2019, n.101, promosso da Luigi Di Maio mentre era ministro dello Sviluppo economico e convertito nella legge 2/11/2019, n.128.

Fino a qualche tempo fa, questa occupazione non era normata in modo regolare. La politica delle multinazionali si è generalmente basata su chiamate non regolamentate e i riders, nonostante venissero trattati come dipendenti, non erano tutelati sotto l’aspetto legislativo. 

I riders, coloro che usufruiscono di motociclette o biciclette e i racers, coloro che utilizzano veicoli a quattro ruote, sono forniti di una divisa e di borsoni con il logo dell’azienda, ma vengono retribuiti a cottimo, senza che sia stabilito uno stipendio mensile minimo. Ce lo conferma Enrico Garavini, ex-racer faentino dell’azienda Foodracers.  Ai fattorini di quest’azienda vengono assegnate svariate consegne e il compenso varia in base alla distanza tra il ristorante e il cliente. «Dato che si tratta di uno stipendio a prestazione occasionale - ha poi precisato - la retribuzione dipende anche dal traffico che, solitamente, è più intenso nella fascia serale». Va però considerato che al guadagno giornaliero è necessario sottrarre i consumi della vettura e la relativa usura del veicolo.  Inoltre i fattorini che operano per Foodracers non sono tutelati in caso di malattia e chi utilizza la bicicletta come veicolo non può usufruire dell’assicurazione, che invece spetta a chi fa uso di un mezzo a quattro ruote. Garavini ha poi concluso sostenendo che riders e racers dovrebbero ricevere uno stipendio mensile minimo, che corrisponda alla loro disponibilità nei confronti dell’azienda perché a volte lo scarso numero degli ordini decurta fortemente la paga.

La situazione di questa categoria di lavoratori è molto complicata. Molto spesso i riders sono stati definiti gli «schiavi moderni della gig economy», il modello economico basato sul lavoro a chiamata, occasionale e temporaneo e non su prestazioni lavorative stabili e continuative, caratterizzate quindi da maggiori garanzie contrattuali. Entrano in gioco sia il meccanismo del capitalismo, che vede arricchirsi i grandi colossi aziendali a discapito delle piccole unità lavorative locali, sia il complesso periodo di crisi economica post-covid, che ha messo in ginocchio il settore della ristorazione. Cosa fare allora? Un primo passo sembra averlo mosso la procura di Milano, che con la sua indagine fiscale ha posto l’accento sulla necessità di riqualificare il ruolo del fattorino, considerandolo a tutti gli effetti un lavoratore subordinato a un datore di lavoro, con le tutele che un contratto prevede.

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