IL CASTORO | Cecco e Cipo si raccontano, con una gran voglia di tornare live

Romagna | 03 Gennaio 2021 Blog Settesere
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Margherita Bassi
Veni. Vidi. Vi[n]ci. Si è formato nel paese del pittore della Gioconda il duo Cecco e Cipo. La loro fama la devono soprattutto a un’esilarante partecipazione a X Factor nel 2014. Il celebre motto di Giulio Cesare chiosa bene quei 5 minuti, in cui hanno incantato i quattro giudici del talent e il pubblico, con un fare scanzonato e un pezzo convincente: «Vacca boia», storia demenziale di un amore per un bovino, che finisce mangiato a un pranzo di famiglia. In sei anni il brano ha spopolato: su YouTube ha 6 milioni di visualizzazioni. Ne hanno fatta di strada Simone Ceccanti e Fabio Cipollini (empolesi, classe 1992), dal loro primo Ep Dall’origine.
Che cosa è cambiato dal 2010 quando uscì il vostro primo Ep?
«Beh, da allora di cose ne sono cambiate molte, calcola che comunque avevamo diciotto anni quando l’abbiamo registrato ed eravamo ancora molto acerbi. C’erano molte influenze dal punto di vista musicale che ci siamo portati dietro anche nei dischi successivi, perché ci ispiravamo alla musica italiana degli anni 60/70 di Rino Gaetano, De André, De Gregori e Dalla e si sentiva molto. Poi, realizzando diversi dischi, siamo diventati una band e con tanta esperienza sui palchi abbiamo imparato anche a capirci, per cui adesso facciamo canzoni meno ispirate a qualcun altro, ma con una linea e un timbro più nostri. Per quanto riguarda l’arrangiamento cerchiamo di adeguarci alle tendenze di oggi, per riuscire a rimanere attuali, senza però snaturare la nostra musica».
Da aspiranti calciatori a cantanti, che cosa vi ha spinto a cambiare così radicalmente strada?
«Io e Cecco ci conosciamo da quando eravamo bambini. Volevamo sfondare nel calcio e non avremmo mai smesso se non fosse stato per la musica. Per un po’ siamo riusciti a conciliare le due nostre passioni. A suonare abbiamo iniziato un po’ per scherzo, poi i concerti sono aumentati e a un certo punto non è stato più possibile tenere i piedi in due scarpe: il calcio richiede disciplina, mentre la musica live scombina orari e dieta».
Sentite l’esigenza di comunicare qualcosa in particolare attraverso i vostri testi?
«All’inizio in realtà ci bastava fare le cover di Rino Gaetano, il nostro artista preferito, che  tra l’altro ci venivano molto male. Abbiamo iniziato a fare pezzi nostri perché così nessuno avrebbe avuto niente da dire. S’è cominciato a parlare di cose stupide, scrivendo ciò che ci passava per la mente. Poi ci è sfuggita un po’ la mano e abbiamo preso a fare dei veri e propri dischi, parlando in generale della nostra vita e di quello che ci succedeva, perché ci piaceva raccontarci con un linguaggio nostro, senza preoccuparci troppo di piacere al pubblico. Da cantautori ci piace parlare di quello che vediamo e viviamo, sfruttando i testi anche come modo per sfogarci, toccando argomenti più intimi e seri».
Che rapporto avete con i social network?
«Oggi più che mai sono importanti, noi siamo esplosi su YouTube e facebook, che adesso sono piattaforme praticamente morte, soprattutto per la musica. Ultimamente stiamo cercando di gestire i social in maniera un po’ più efficace, pubblicando solo il necessario. Negli anni passati ci abbiamo lavorato tanto, cercando di rivolgerci a un pubblico molto giovane, adesso però vorremmo arrivare anche ai più grandi, per farci prendere più sul serio».
Come avete vissuto quest’ultimo periodo voi musicisti?
«La situazione dell’ultimo anno ci ha proprio tagliato le gambe, perché non riusciamo a fare più il nostro lavoro come una volta. Siamo una band che guadagna principalmente dai concerti, quindi puntiamo molto sulla musica live, che ora ci manca molto».
«Personalmente - aggiunge Cipo - ho vissuto molto bene il primo lockdown, perché avevo molto da lavorare: vivo a Firenze, in un appartamento in centro, dove sono per la maggior parte del tempo da solo, quindi sono riuscito a dedicarmi totalmente alla scrittura del nuovo disco e adesso abbiamo per le mani tanto materiale. Per quanto riguarda il nostro pubblico sappiamo che sta aspettando le nuove uscite, dobbiamo cercare di farlo crescere».
Come vi sono sembrati i concerti di quest’estate?
«Proponendo due tipi distinti di spettacolo, abbiamo avuto diverse opportunità di suonare dal vivo. Era tutto pieno, ma il pubblico si è dimostrato composto ed educato. Siamo tornati a suonare solo in due, in una versione più intima, differente, ma che forse ci rappresenta un pochino di più, perché ci riduce all’essenza. Ovviamente ci manca la band, ma non ci troviamo male, perché in questa ‘versione teatro’ il pubblico è molto più attento e desideroso di ascoltare. Infatti, si crea un clima grazie al quale nasce un dialogo con chi ci ascolta, ridendo e scherzando insieme».
Sul disco nuovo cosa ci potete dire?
«Stiamo portando avanti questo disco incredibile ormai da un po’, è tutta l’estate che lavoriamo ma ci interrompono. I pezzi nuovi dovevano già essere usciti e ora saremmo dovuti tornare in studio a registrare, ma siamo fermi, costretti a rimandare. Possiamo ipotizzare che il disco uscirà a gennaio, ma è difficile dire come lo promuoveremo».





 
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