IL CASTORO | Anna Boschi ha riscoperto il borgo della valle del Santerno e i suoi ritmi lenti

Romagna | 26 Dicembre 2021 Blog Settesere
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Simona Farneti
È stata Anna Boschi a scoprire Brento Sanico. Appassionata di escursionismo, innamoratasi dell’idea di recuperare il borgo, l’ha segnalato a don Antonio Samorì, il quale si è dimostrato fin da subito disposto a collaborare.
Il gioiello di Brento è la chiesa di San Biagio, anno Domini 1444, la cui caratteristica saliente è la presenza di affreschi di colore blu cobalto. Trattandosi di un bene storico-artistico, due architetti ne seguono i lavori: Bruno Angelici dell’Istituto diocesano per il sostentamento del clero di Firenze e Paola Ricco della Sovrintendenza archeologica Belle Arti e paesaggio per la città metropolitana di Firenze. Al momento per sbloccare i lavori negli interni manca solo il via libera di quest’ultima. Interverrà poi un restauratore che si occuperà delle pitture parietali.
Abbiamo posto qualche domanda ad Anna Boschi per sapere come procedono i lavori.
Come ha scoperto quel borgo dell’alta valle del Santerno?
«La mia è stata una scoperta quasi casuale! Sono una guida escursionistica e stavo passeggiando insieme al mio compagno alla ricerca di nuovi sentieri su cui scrivere un vero e proprio libro, quando ci siamo ritrovati a Brento. La mia scoperta risale a più di vent’anni fa. Ad attirare la mia attenzione è stata la chiesa, bellissima, piena di affreschi, mi sarebbe dispiaciuto lasciarla cadere nell’oblio».
In che condizioni è la strada? Come porterà a Brento le attrezzature necessarie per i lavori edilizi?
«Prima dell’inizio dei lavori, la strada che conduce a Brento Sanico non poteva nemmeno essere definita tale, era più che altro un sentiero. Abbiamo chiesto al comune il permesso di allargarla di 2,5 m e la nostra richiesta è stata accettata. Si tratta comunque di una sterrata, quindi necessitiamo di veicoli 4x4 per poterci arrivare e portare attrezzature e materiali».
Quanti sono i volontari che collaborano per la riuscita del progetto di ristrutturazione?
«Purtroppo non siamo in tanti, tutti i volontari che collaborano con noi sono persone che hanno già altre occupazioni, non siamo mai tutti insieme perché è un impiego secondario per diversi di loro e ci danno una mano nel momento in cui trovano del tempo libero. Pertanto, non c’è un numero stabile di volontari, generalmente siamo in 4/5 persone».
A che punto sono i lavori? Tra quanto tempo sarà abitabile la prima casa ristrutturata?
«I lavori sono iniziati nel 2016, anno in cui ci sono tornata per la seconda volta. Da allora, la chiesa si è deteriorata parecchio, la causa principale penso sia proprio l’umidità, che danneggia l’intonaco e, di conseguenza, anche gli affreschi sulle pareti. Di fatto siamo tutti volontari, non ci siamo affidati ad una ditta, quindi non disponiamo di una vera e propria data di fine lavori, ma a parer mio devono trascorrere ancora alcuni anni prima che una tra le case possa essere definita a tutti gli effetti abitabile».
Come trovate i fondi necessari ai lavori di ristrutturazione?
«Questa è una delle difficoltà più grandi. In passato, ho contattato numerose istituzioni nel tentativo di ricevere un aiuto economico, che non è purtroppo arrivato, hanno completamente ignorato la mia richiesta e nessuno si è reso disponibile. Per ora, tutti i fondi impiegati nelle ristrutturazioni, in particolare circa l’acquisto dei materiali, provengono dalle tasche di Don Antonio, motivo per il quale i lavori non procedono troppo velocemente, non possiamo permetterci spese esorbitanti».
Don Samorì ci ha detto che un vostro obiettivo è ripopolare il borgo con famiglie che abbiano bambini. Dove andranno a scuola?
«Prima di essere abbandonato, il borgo possedeva una scuola a sé stante, frequentata dalle persone che ci vivevano. In futuro, invece, credo che i bambini che verranno a viverci potranno andare a scuola nella limitrofa città di Firenzuola. Il percorso è, in realtà, già stato in parte calcolato. I bambini dovranno camminare per 1,5 km circa, per raggiungere la strada principale, dove poi prenderanno un autobus che li porterà a Firenzuola, un tragitto di poco più di 10 km».
Don Antonio ha fatto riferimento al fatto che sempre più persone fuggono dalla città per trasferirsi in zone più rurali, ad esempio l’Appennino. A parer suo, per quale motivo c’è questa tendenza?
«Sicuramente uno dei motivi principali è il caos generale in cui siamo precipitati con la pandemia. La vita, ad esempio, è diventata più cara. Il cibo costa sempre di più, motivo per il quale ci sono già diverse persone la cui intenzione è quella di trasferirsi a Brento. Al termine dei lavori di ristrutturazione, infatti, nel borgo si vivrà come un tempo, le persone trarranno sostentamento da ciò che produrranno, grazie all’orto e agli animali. Il nostro sogno è proprio quello di creare un villaggio autosufficiente».
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