I prof di musica e ginnastica del Ravennate: "Qualcosa ci inventeremo"

Romagna | 12 Settembre 2020 Cronaca
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Silvia Manzani
«Io, in classe, ero abituata a fare musica per davvero. I ragazzi non suonavano solo il flauto ma anche gli strumenti a percussione, spesso cantavamo. Quando leggo che bisogna evitare situazioni come queste, mi dico che dovremo farcene una ragione e che dovremo cambiare l’organizzazione e i contenuti delle lezioni». Giuliana Casazza insegna educazione musicale alla scuola media Mattei di Marina di Ravenna dal 2001: «Anche quest’anno avrò tre prime, tre seconde, tre terze. Purtroppo la mia materia, di base, è poco considerata. Si valuta poco l’importanza della creatività e della espressività artistica, si dà poco peso al fatto che tramite la musica i ragazzi si aprono e tirano fuori aspetti che, magari in italiano o matematica, terrebbero dentro. Se aggiungiamo le limitazioni alle quali dovremo sottostare, mi piange il cuore. Penso che porterò i ragazzi a cantare in cortile, anche se qualcuno, dalle finestre, magari si lamenterà del rumore e saremo costretti a rientrare in classe». Finché non avrà i suoi alunni davanti, Casazza riesce a poco immaginare che anno sarà: «Senza dubbio potremmo darci alla body percussion o alla composizione musicale su software che in parte abbiamo sperimentato nei mesi della didattica a distanza. L’ascolto, senza dubbio, diventerà una delle attività principali. Non sono esattamente ottimista ma ho voglia di tornare a scuola dopo le tante frustrazioni vissute con le videolezioni. Certo, mi rattristo a pensare a quando, anni fa, con classe meno affollate di quelle di adesso, si andava in aula di musica a fare dei veri laboratori, cosa oggi impossibile. O a quando ospitavamo i percussionisti africani o partecipavamo al festival Nutrimenti. Forse finiremo a fare un coro muto, con le mascherine, un po’ alla Madama Butterfly».

«ADDIO A CANTO E FLAUTO»
Il timore forse più grande di Laura Calcich, insegnante di educazione musicale alla scuola media Randi di Ravenna, è che i ragazzi, dovendo diventare la sua materia necessariamente più teorica per vie delle limitazioni, possano perdere interesse: “La mia disciplina, al pari di educazione fisica e arte, è sempre stata più pratica e coinvolgente rispetto ad altre e consentiva così, agli studenti, di spezzare la mattinata. Quest’anno, invece, dovremmo concentrarci più sulle attività di ascolto e rinunciare al canto, che piaceva molto, così come allo studio del flauto, che per quanto bistrattato aiuta nella creatività musicale, nella manualità, nella coordinazione ed è accessibile a tutti». Nonostante questo, la docente non ha perso l’entusiasmo: “Prospettive e aspettative sono già cambiate da febbraio, quando la scuola ha chiuso. Io ho lavorato molto online, utilizzando dei games che sono molto in linea con gli strumenti che oggi, i ragazzi, utilizzano. Sarà una sfida inventare di nuovo la didattica e capire le reazioni degli alunni davanti ai mutamenti. In fondo sono trent’anni che insegno e non mi sono mai fermata a un solo modello. I tempi cambiano, gli studenti pure. Bisogna sempre adattarsi, lo faremo anche questa volta».

«VIA AGLI SPAZI ESTERNI»
Anche per i docenti di educazione fisica, l’anno scolastico che sta iniziando sarà del tutto diverso dai precedenti. Lo conferma Ignazio Aresu, che da 28 anni insegna al liceo classico «Dante Alighieri» di Ravenna: «Le parole d’ordine saranno distanziamento, quantificato in due metri, e aerazione degli ambienti chiusi. La sfida sarà utilizzare gli spazi della città: dalla nostra sede centrale potremo raggiungere facilmente la Darsena, i giardini pubblici, la Rocca, il parco Teodorico, contando sul fatto che abbiamo sempre due ore abbinate. Dalla succursale di via Nino Bixio sarà disponibile solo il Parco Baronio, non altro. Speriamo che la nostra dirigente ci conceda di utilizzare anche il cortile della scuola centrale, oggi in parte utilizzato come parcheggio». Guardando ai mesi che verranno, Aresu non nasconde di provare un senso di responsabilità più forte del solito: «Saremo chiamati a tutelare la salute degli alunni e a far rispettare regole nuove. In tutto questo, proveremo a trattare la materia anche da un punto di vista più culturale e teorico, parlando di salute e alimentazione, per esempio, ma sempre fuori dalle aule. Quando la palestra sarà l’unica alternativa, dovremo tenere porte e finestre aperte, soprattutto se più classi condivideranno le stesse ore, prospettiva che spero possa non avverarsi, e puntare sugli sport individuali come corse, salti, lanci, attingendo all’atletica leggera. Moralmente resto un ottimista». 

«UN ANNO DIVERSO»
Un po’ di apprensione ci sarà anche per Alessandro Babini e Erika Aleotti, che insegnano educazione fisica al liceo Torricelli di Faenza: «Questo avvio di anno scolastico, senza dubbio, ce lo immaginiamo in un modo che non corrisponderà al reale. Sarà senz’altro molto diverso dal solito e inizierà per forza di cose all’aperto, sia perché mancano collaboratori scolastici in grado di garantire l’igienizzazione degli spazi, sia perché tre colleghi devono essere ancora nominati, ma anche perché continuiamo a pagare lo scotto di una scarsa attenzione alle palestre. Nel nostro istituto ne è rimasta una, visto che nell’altra sono in corso dei lavori e abbiamo chiesto al Comune di darci una mano a reperirne altri: verrà montata una tensostruttura, ci verrà data una palestra che non era più usata ma mancano comunque altre 18 ore da coprire». Tra parchi e piste ciclabili, almeno all’inizio le ore di educazione fisica potranno essere garantite al di fuori delle palestre: «Poi, inevitabilmente, si tornerà dentro, con tutti i divieti del caso. Il paradosso è che nel pomeriggio i ragazzi potranno fare sport nelle associazioni e nelle società senza tutte le limitazioni che esistono dentro la scuola. Noi cercheremo di fare tesoro dei mesi della didattica a distanza, quando costretti davanti a computer e piattaforme, ci siamo inventati un altro modo di portare avanti la materia. Per il resto, speriamo di poter rimanere in presenza, anche perché l’educazione fisica nasce come una disciplina pratica, che si realizza attraverso il corpo». Anche l’umore dei due docenti, dunque, davanti a un quadro del tutto cambiato non è dei migliori: «Le questioni alle quali fare attenzione sono molte, ottimismo e pessimismo si alternano».
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