Forlì, parte al San Domenico la grande mostra dedicata ai rapporti tra moda e arte

Federico Savini
Da Hayez a Matisse, da Mondrian a Depero, da Renato Balestra a Damien Hirst, da Salvatore Ferragamo a Germana Marucelli. Non sono (tutti) nomi consueti per una grande mostra d’arte quelli che si vedranno nelle sale del San Domenico di Forlì dal 18 marzo, quando verrà inaugurata la nuova imponente esposizione promossa dalla Fondazione Cassa dei Risparmi di Forlì e dedicata a «L’arte della moda. L’età dei sogni e delle rivoluzioni 1789-1968».
Due date, quelle accostate nel sottotitolo della mostra, che nei duecento anni che le separano dicono chiaro quanto i sommovimenti sociali e culturali - fuor di metafora, dalla Rivoluzione Francese allo scompglio sessantottino – siano intrinsecamente legati a profondi cambi di paradigma anche estetico, che si riverberano talvolta con violenza sull’abbigliamento. Un settore della creatività umana normalmente derubricato a forma di artigianato, ma può tranquillamente definirsi «arte», se non altro per determinate realizzazioni e in determinanti frangenti storici.
Mettere in dialogo Boccioni, Boldini, Canova, Fontana e tanti altri con le creazioni di tutti i più grandi designer di moda è un modo per affermare la piena inclusione dell’abbigliamento in campo artistico, secondo la linea perseguita dai curatori della mostra Cristina Acidini, Enrico Colle, Fabiana Giacomotti e Fernando Mazzocca, sotto la direzione di Gianfranco Brunelli e affiancati dal comitato scientifico presieduto ad honorem da Antonio Paolucci.
La moda come «sentimento del tempo» è la linea maestra dell’esposizione, a partire da quella moda dipinta, ritratta, scolpita e talvolta realizzata dai grandi artisti del passato. L’abito come segno di potere, di ricchezza, di riconoscimento, di protesta, cifra distintiva di uno stato sociale o identificativa di una generazione. Dalla Rivoluzione Francese alla Pop Art, fino alla contemporaneità, oltre 200 capolavori d’arte e 100 abiti dialogano nelle sale del San Domenico.
Se il legame tra abito e ruolo sociale è proprio di tutte le civiltà, il principio di cambiamento costante della moda è l’effetto di un lungo processo storico e segna l’avvio della modernità. La moda si colloca al centro del potere e della sua comunicazione, sinonimo di lusso e seduzione, è spesso specchio delle contraddizioni, oltre che testimone dell’evoluzione degli stili e della tecnologia dei materiali. Nella storia dell’abbigliamento passaggio fra trasgressione e omologazione, rottura e consenso, lineare e sontuoso è sempre ambiguo e carico di stimoli culturali e l’arte talvolta si limita a specchiare la moda, mentre in alcuni casi la ispira.
Dalla fine dell’Ottocento il rapporto tra artisti e moda si fa più intenso: molti disegnano abiti e gestiscono la comunicazione degli atelier. Un rapporto che diventa gioco delle parti e porterà la moda stessa a diventare un’arte, uno sguardo sul mondo come la filosofia, la letteratura e il cinema. La mostra rimarrà allestita fino al 2 luglio.