Faenza, il fiduciario di SlowFood di faenza-Brisighella Giona Pellizzari: «Entro la fine del mandato un presidio per il Moretto»

Riccardo Isola - Il riconoscimento di un presidio Slow Food per il Carciofo Moretto di Brisighella, aumento dei soci, almeno raddoppiarli entro fine mandato arrivando così a quota 100, trasformazione in Associazione di promozione sociale, proseguimento dei percorsi di promozione e valorizzazione dei vitigni minori, del patrimonio agroalimentare del territorio e non solo e, infine, maggiori collaborazioni con le altre condotte del ravennate (Godo-Bassa Romagna e Ravenna) ma senza pensare, per ora, a fusioni o incorporazioni. Sono queste le linee di indirizzo del mandato del fiduciario della condotta Slow-Food di Faenza e Brisighella, Giona Pellizzari. Ed è lo stesso Pellizzari che tra tutto mette al primo posto «quello di riuscire a far ottenere al Carciofo Moretto di Brisighella il riconoscimento di Presidio Slow. Sarebbe il primo nel territorio faentino e per questo è una priorità di mandato che vogliamo portare a termine. C’è da lavorare e da trovare tutte le giuste sinergie, anche istituzionali, e le risorse necessarie. Il prodotto, per le sue caratteristiche territoriali, organolettiche, culturali ne ha tutte le caratteristiche». Una bella e necessaria sfida che porterebbe sul territorio provinciale vedersi riconosciute, dall’associazione del «Buono, pulito e giusto», due piccole produzioni autoctone. L’unica per ora è, infatti, la «Pesca dal buco incavato» tradizionale della Bassa Romagna.
Altro punto all’ordine del giorno è quello di riuscire «a far crescere gli associati. Oggi - spiega il fiduciario faentino - nel gruppo siamo una cinquantina. Vorremmo riuscire a raddoppiarli». Questo «attraverso un’offerta di iniziative, contenuti, eventi e momenti d’approfondimento che sappiano intercettare le esigenze di un racconto autentico e corale del territorio e delle sue produzioni in ambito vitivinicolo e non solo. Dobbiamo - rimarca Pellizzari - saper raccontare la biodiversità come valore in sé. Di peculiarità ne abbiamo, sia in ambito produttivo che di trasformazione e filiera. Per questo - aggiunge - non ci fermiamo al solo territorio ma cerchiamo di mettere al centro del nostro appassionato percorso una variegata offerta di contenuti». Ecco così gli appuntamenti dedicati al Rum e al cioccolato (75 posti sold out), gli appuntamenti sui vitigni minori (in ripresa da aprile), le visite in cantina (riprenderanno con la primavera) e le cene tematiche (in programma).
C’è poi un sogno nel cassetto «in avanzata fase di costruzione» precisa il fiduciario che riguarda l’educazione alimentare. «Stiamo cercando di strutturare anche un’offerta laboratoriale da poter programmare e realizzare nelle scuole. Iniziare a fare cultura alimentare, di territorio, di biodiversità partendo e interessando le nuove generazioni è un obiettivo strategico e non banale per creare una consapevolezza concreta sui temi da sempre cari e perseguiti dalla nostra associazione. Un viaggio straordinario che non vogliamo certo fare da soli ma in condivisione e apertura».
Un’ultima questione è quella realtiva all’organizzazione delle condotte Slow Food presenti in provincia. Oggi se ne contano tre: quella di Faenza-Brisighella, quella di Godo-Bassa Romagna (tra le più numerose in Regione in termini di soci) e quella di Ravenna. Su questo tema, in primis «c’è la necessità di trasformare l’associazione da culturale ad Aps. Un passaggio formale e fortemente voluto dal livello nazionale che non è indifferente dal punto di vista dell’impegno organizzativo - spiega Pellizzari - ma che entro un paio di mesi al massimo anche a Faenza faremo». In secondo luogo c’è la questione del «potenziamento delle collaborazioni tra le condotte che ci sono sul territorio, anche allargandoci a gemellaggi con altre realtà fuori dalla Romagna, come sta accadendo per esempio con Modena. E’ vero che tre realtà possono sembrare tante, forse troppe, ma noi non siamo banche, che si devono fondere per essere più forti, noi valorizziamo e raccontiamo la differenza, la peculiarità territoriale e quindi non abbiamo bisogno di essere grandi per essere efficaci nella mission che perseguiamo. Per cui, e soprattutto per ora, non c’è l’esigenza, almeno per quanto ci riguarda, per fare passi diversi dal mantenere lo status vigente se non per qualificare ulteriormente la situazione esistente».