Faenza, gruppo Bucci Industries da 1100 dipendenti, parla il patron Massimo: «Più export e nuova linea produttiva per Lamborghini»

Romagna | 12 Giugno 2022 Economia
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Manuel Poletti - «Il 2020 con la Pandemia è stato molto duro, ma adesso ne siamo fuori, nel 2021 c’è stato un ottimo rimbalzo di fatturato, ma il 2022 è iniziato con forti criticità sui prezzi delle materie prime e sui tempi di consegna di queste. Festeggiamo i 60 anni di Iemca, l’azienda più importante del gruppo ed abbiamo importanti investimenti su Faenza legati all’attività sul carbonio».
Massimo Bucci, patron del gruppo storico faentino, nato nel 1945 e poi cresciuto in Italia e all’estero, racconta in questa intervista a 360 gradi il recente passato ed il futuro delle sue aziende, indicando anche alcune priorità per la città di Faenza. Il gruppo Bucci industries, molto internazionale, ha fatturato 180 milioni di euro nel 2021, per circa 1100 dipendenti, di cui 600 lavorano a Faenza. L’altro stabilimento rilevante è a Longarone (vanta 200 dipendenti), oltre a numerose filiali all’estero, fra cui le più rilevanti per attività sono in Cina e a Taiwan.
Dottor Bucci, come si è evoluto il gruppo fin dall’inizio della sua storia 77 anni fa?
«Partì mio padre nel 1945 con la Cisa, che venne ricostruita dopo la Seconda guerra mondiale. Abbiamo sviluppato tante attività diverse nell’arco degli ultimi 50 anni, che oggi hanno portato ad un gruppo di mia proprietà che nel 2021 ha fatturato oltre 180 milioni di euro. Andiamo dalle macchine utensili speciali alle macchine per automazione, dai robot che servono per attività produttive al settore del packaging e all’attività legata al carbonio, con la produzione di cerchioni per auto ma non solo, che è in forte crescita. Abbiamo diverse filiali sparse per il mondo, oltre allo stabilimento di Longarone con 200 dipendenti, ma il cuore produttivo e dirigenziale del gruppo è e sarà a Faenza».
Quanto incide l’export per il vostro gruppo?
«La parte di export è molto significativa, per quanto riguarda tutta l’attività legata all’automazione è del 70%, la parte del carbonio è invece concentrata per ora sul mercato italiano».
Come avete affrontato gli ultimi due anni della Pandemia?
«Il 2020 è stato sicuramente un anno molto difficile come per moltissime altre imprese. I primi mesi dell’anno sono stati complessi per come organizzare il lavoro, per come proteggerci all’interno e difendere i nostri dipendenti dal virus. La raccolta degli ordini è stata molto inferiore al 2019, poi col tempo, in particolare dal 2021 la situazione è migliorata e il fatturato è rimbalzato crescendo come gli anni pre Covid. I risultati internazionali sono stati molto soddisfacenti».
Nel 2022 rincari energetici e guerra in Ucraina come stanno influendo sulla vostra attività?
«Per il nostro settore e per le nostre attività non ci sono influenze dirette dall’odiosa guerra in Ucraina voluta da Putin. Il problema è il contesto internazionale, con la disponibilità di alcune materie prime e materiali sempre meno reperibili, per questo il 2022 si sta presentando più critico di quanto ce lo fossimo immaginato. In ambito elettronico è una valle di lacrime, ci contendiamo i pezzi, i prezzi sono aumenti su tutte le filiere. Per fortuna il flusso degli ordini è costante, ma il problema è produrre i pezzi con la discontinuità che c’è sulle forniture dei materiali. Se dovessimo arrivare allo stop della guerra, i mercati riprenderebbero con molto fiducia per il futuro».
Iemca leader di settore compie 60 anni. Che futuro avrà?
«E’ un’azienda leader per caricatori di barre automatiche, l’inizio dell’avventura fu grazie al professor Vladimiro Fabbri che insieme alla Cisa decisero di costituire una nuova società. Negli anni poi si è dedicata totalmente ai caricatori di barre. Oggi la Iemca ha un prodotto d’avanguardia dal punto di vista tecnologico e a livello internazionale in questo settore è l’azienda che è più presente nei cinque continenti. Abbiamo filiali ovunque con personale nostro e abbiamo anche addetti specializzati per fare assistenza. Il fatturato è di circa 80 milioni di euro,  poco meno della metà dell’intero gruppo».
Sinteco di Longarone è l’altra azienda determinante per il gruppo o no?
«Certo. Fa macchine per automazione, con un fatturato di 55 milioni di euro e 200 dipendenti. L’abbiamo acquisita nel 2003 quando faceva circa 12 milioni di fatturato, è cresciuta molto in 20 anni e avrà buone prospettive per il futuro».
A proposito di futuro, quali sono gli investimenti più rilevanti che avete in agenda su Faenza?
«Bucci Composite è l’attività legata al carbonio e a Faenza faremo un investimento importante per 7mila mq di ampliamento dello stabilimento, dovrebbe essere tutto completato entro il 2022. In questo troveranno spazio attività per cerchioni per ruote in carbonio, già fornite all’americana Bentley e da giugno produrremo pezzi per auto sportive e Suv; saremo i primi a fare i cerchioni con questo materiale ed avranno il nostro marchio».
La notizia più importante arriva dalla nuova collaborazione con Lamborghini...…
«Decisamente. Realizzeremo una nuova linea di produzione per una commessa ricevuta dalla Lamborghini, produrremo cofani in carbonio realizzati con una grande pressa. E’ la prima volta che lavoriamo per Lamborghini in maniera così significativa. Quando andremo a regime avremo assunto ad hoc 40 addetti per adeguare la produzione».
A livello di infrastrutture sul territorio ci sono novità sul Porto di Ravenna (Progetto Hub) e sugli aeroporti di Forlì e Rimini. Cosa ne pensa? Sono funzionali per voi?
«Il Porto di Ravenna per alcuni settori è fondamentale: agrolimentare, argille e container; noi non siamo legati in maniera preponderante, ma guardiamo con attenzione a quello che sta succedendo. Sul fronte del turismo sarebbe ora che sfruttassimo al meglio la scalo passeggeri per le crociere. A metà anni ‘90 facemmo un progetto per accogliere i passeggeri, ora si muove qualche cosa d’importante, meglio tardi che mai. Sul fronte aeroporti spero si muova bene quello di Forlì, perché lo scalo di Bologna è asfittico, non c’è più spazio, è diventato di nuovo troppo piccolo per la mole di passeggeri che deve far viaggiare. Forlì può dare un po’ di respiro a Bologna, che resta il principale della Regione; sarebbero utili collaborazioni anche con Rimini, non servono guerre fra campanili romagnoli».
Faenza 2022, che cosa le serve per un ulteriore sviluppo?
«La nuova amministrazione ha preso in mano il tema dello sviluppo in maniera chiara, vedremo che segnali concreti arriveranno. Sulle infrastrutture viarie manca un collegamento diretto fra la zona dell’autostrada, dove siamo noi, e le strade che vanno verso Forlì. Oggi i camion devono fare giri molto complicati ed intasano il traffico cittadino. Per ora ci sono solo collegamenti buoni verso la via Emilia in direzione  Castel Bolognese, Imola e Bologna. Speriamo nei fondi del Pnrr per capire se c’è una possibilità concreta per un’opera oggi indispensabile per molte aziende del territorio».
Infine sappiamo che lei ha a cuore particolarmente il centro storico di Faenza. Cosa serve per rilanciarlo?
«Il rilancio del centro storico e la sua riqualificazione sono indispensabili, spero che il Comune intervenga con decisione in questo senso. Abbiamo una piazza fra le più belle di Romagna, dobbiamo sfruttarla di più e meglio. Giustamente andrà in porto il nuovo Shopping park sull’A14, che non poteva rimanere abbandonato, sarà una nuova opportunità per tanti romagnoli ed il mercato dirà se avrà le carte in regola per sopravvivere. Il centro storico di Faenza però è un’altra cosa e va rilanciato, mi auguro che agli esercizi pubblici vengano lasciati ampi spazi all’aperto gratuiti per tutto l’anno. Su questo bisogna insistere soprattutto in un quadro in cui il numero dei negozi è diminuito molto. Bar e ristoranti devono essere il nuovo motore del centro storico, e la presenza del mercato deve essere armonizzato con le loro esigenze».
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