Crollano gli spumanti made in Romagna, nel 2020 si è toccato il -60%

Romagna | 23 Gennaio 2021 Le vie del gusto
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Crollano le vendite di bollicine doc e docg dell’Emilia-Romagna. La perdita stimata è del 60% per le etichette delle piccole e medie aziende viticole legate al canale Horeca e del 20% per il prodotto posizionato nella Gdo. Dai vini frizzanti dei colli piacentini ai mossi bolognesi o modenesi per finire con gli spumanti brut ottenuti da uve Sangiovese, la crisi del colpisce le bolle Doc e Docg dell’Emilia-Romagna. Questo è quanto chiarisce Mirco Gianaroli presidente dei viticoltori di Confagricoltura Emilia Romagna che rimarca come nel 2020 «sono “sparite” dal mercato le bottiglie che si stappano nelle feste natalizie, nei brindisi di fine anno o nei locali della movida».
Sono numeri importanti, per ora basati su stime, ma che parlano di un calo di vendite del 40-50% per i frizzantini di Ortrugo e Gutturnio (Piacenza e Parma), del 30% per la Malvasia e la Spergola. Non se la passano bene nemmeno i Lambrusco Doc che hanno ceduto il 25% mentre più contenuta è stata la battuta d’arresto per i vini tra Modena, Reggio Emilia a Parma (- 20%).  Lo spumante ottenuto dal Pignoletto ha invece perso il 30% e il vino frizzante circa il 25%.
In Romagna, in particolare i produttori di fascia alta del ravennate hanno registrato una perdita fino al 35% mentre nelle bolle metodo tradizionale-classico da uve 100% bio la contrazione si aggira sopra al 30%. Infine per lo spumante Sangiovese doc la perdita stimata è intorno al 35 per cento. «Lo studio di Confagricoltura Emilia Romagna mette in evidenza - osserva Gianaroli - il ruolo delle 17.000 aziende viticole di dimensioni medio-piccole dell’Emilia-Romagna: il crollo del loro fatturato annuo va oltre il 60% nel solo comparto delle bollicine. Una voragine dovuta al mancato giro d’affari del canale Horeca e all’impatto del Covid nelle scelte di consumo».
Alla luce di questo Marcello Bonvicini, presidente di Confagricoltura Emilia Romagna, fa un appello alle istituzioni: «Non buttiamo via un patrimonio costruito negli anni, l’impresa deve tornare centrale nel dibattito sull’erogazione dei fondi e sui ristori. Attorno al vino ruotano figure imprenditoriali che hanno saputo creare nel tempo qualità e occupazione, dando valore al proprio territorio d’appartenenza. Uomini e donne, che hanno inventato l’enoturismo facendolo diventare un comparto trainate per l’economia reale e per l’export fino all’esplosione della pandemia, a cui adesso chiediamo di guidare il rilancio post-Covid e assicurare la fornitura di produzioni di alta qualità sui mercati».
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