Ciclismo, Davide Cassani festeggia i primi 5 anni da Ct azzurro: "Movimento in crescita, Marangoni ci mancherà"

Romagna | 02 Febbraio 2019 Sport
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Gabriele Cocchi
Davide Cassani, dopo aver spento 58 candeline a Capodanno, ha appena festeggiato i cinque anni da commissario tecnico della Nazionale di ciclismo, avendo iniziato questa avventura il 28 gennaio 2014.  Professionista per 14 anni, tra i migliori risultati conseguiti in carriera vanta una Milano-Torino, due tappe del Giro d’Italia, tre giri dell’Emilia, due Coppe Agostoni, un settimo ed un nono posto ai Mondiali, per un totale di 27 vittorie. Poi è diventato telecronista e infine, da cinque anni, commissario tecnico della Nazionale. 
Cassani, tornando un po’ indietro nel tempo, c’è stato qualcosa che le ha fatto scattare la molla dell’amore per il ciclismo?
«Nella mia vita il ciclismo ha rappresentato tutto per me, la scintilla della grande passione mi scoccò nel 1968, a sette anni, nel giorno della vittoria al mondiale di Imola di Vittorio Adorni. In quell’istante capii chiaramente cosa volevo fare per divertirmi, poi ovviamente mai avrei pensato che il ciclismo potesse diventare anche il mio lavoro. Quel giorno mi innamorai della bicicletta e da allora ho sempre dedicato anima, mente e corpo a questo sport».
Quali sono gli ingredienti per avere successo nel ciclismo, nello sport in genere e nella vita?
«Sono tre: impegno, sacrificio e costanza. Bisogna sempre seguire il cuore senza farsi condizionare, imparare al meglio la propria disciplina e imporsi delle regole, conoscere i propri limiti e capacità. Solo così ritengo si possa emergere».
Alfredo Martini, uno che di ciclismo ne masticava e non a caso era considerato il grande saggio della bici, fu tra i promotori della sua nomina a commissario tecnico come successore di Paolo Bettini.
«E’ stato un grande maestro e per me è stato un grande onore avere la sua investitura, Alfredo è stato per me come un secondo padre, da lui, dalla sua esperienza, dalla sua saggezza ho imparato tantissimo nei nove anni in cui sono stato in Nazionale, ed ho cercato di assimilare quel suo modo competente e tranquillo con cui riusciva a far dare il massimo ad ogni suo corridore e a far coesistere nel migliore dei modi e senza gelosie campioni di prima fascia. Aveva valori e principi che convincevano tutti a dare il massimo per il bene della Nazionale. Farò sempre del mio meglio per riuscire a trasmettere questi concetti, poi ovviamente serve anche un po’ di fortuna».
Come vede la stagione 2019 in senso generale per gli azzurri?
«Speriamo si riesca a tornare a vincere almeno una classica, mentre al Giro d’Italia possono lottare per la vittoria sia Nibali che Aru, anche se sarà dura perché occorre battere Doumolin e altri forti corridori. Per quanto riguarda il Tour de France, invece, Nibali potrebbe essere della partita per la vittoria ma occorrerà vedere come uscirà dal Giro sia come condizione fisica che mentale. Comunque la stagione è iniziata molto bene grazie alla vittoria di Viviani in Australia».
L’Emilia Romagna sarà protagonista con stupende tappe al Giro.
«Avere la partenza è stato un gran colpo, era da ben 25 anni che non ci capitava, ed anche la tappa che partirà da Ravenna per arrivare a Modena è molto bella su un percorso completamente pianeggiante per una quasi certa volata per i velocisti. Entrambe sono a testimoniare l’importanza del ciclismo nella nostra regione».
Tra i romagnoli occorre ricordare il ritiro di Marangoni alla fine della stagione scorsa.
«E’ stata una grande perdita, ci mancherà perché oltre ad essere un buon ciclista è anche un bravissimo ragazzo. Mancherà tantissimo a tutti».
A proposito, lo vede in salute il nostro ciclismo?
«C’è fermento, sta crescendo e quindi sono fiducioso».
Per il Mondiale, invece, cosa prevede?
«La vedo piuttosto dura, però ci sono giovani che in proiezione possono essere papabili per ambire in futuro ad una maglia iridata come Moscon, Colbrelli, Trentin ed ovviamente Nibali e Aru. Non dimentichiamo che anche i vari Moser, Saronni, Bugno e Bettini, prima di emergere e consacrarsi hanno fatto molta gavetta».
Pensa che il calendario gare sia troppo fitto andando a scapito della qualità e dello spettacolo?
«Non credo, perché ora le rose delle squadre sono molto ampie ed alla fine ognuno disputa 70/80 corse, un numero inferiore rispetto a quelle che c’erano quando gareggiavo io».
Ci sono giovani romagnoli emergenti?
«Occorre ancora un po’ di tempo. E molta pazienza».
Come è il suo rapporto con la Federazione?
«Ottimo, perché hanno piena fiducia nel mio lavoro e non hanno mai interferito nonostante in questi cinque anni con la Nazionale sia arrivato solo un titolo europeo. Mi sento un privilegiato per questa grande fiducia, perché significa che apprezzano il mio lavoro e la mia competenza. Da parte mia do il massimo e cerco di stare aggiornato nel migliore dei modi, curando anche i piccoli particolari».
Lei è anche Presidente di APT servizi Emilia Romagna: riesce a conciliare bene i due incarichi?
«Essere stato nominato alla guida dell’ente di promozione turistica regionale mi riempie di orgoglio e spero di esserne sempre valido ambasciatore. Non mi assorbe molto tempo, quindi riesco a conciliare i due impegni al meglio».
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