Canottaggio, il ravennate Prati ha vinto l'oro U19: «A 13 anni cadevo dalla barca, ora sono campione del mondo»

Romagna | 05 Agosto 2022 Sport
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Luca Alberto Montanari
Nel quartier generale della Canottieri Ravenna, non lontano dalle attrazioni di Mirabilandia, lo chiamano tutti Marcone, un soprannome che riecheggia da qualche anno alla Standiana, dove Marco Prati è tornato lunedì scorso con una medaglia d’oro al collo: «Sì, qua mi chiamano solo così, forse perché sono abbastanza grosso…». Marcone è nato il 1° aprile 2004 e a 18 anni suonati ha vinto il titolo iridato nel singolo ai Mondiali Under 19 di Varese. Attenzione: non ha vinto, ma ha stravinto, rifilando oltre 10 secondi ai più immediati inseguitori, come si direbbe in una gara di ciclismo o di moto. Perché in fondo i distacchi non sono proprio da canottaggio. E’ stato come se Prati fosse a bordo di un motoscafo e gli altri con una barca a vela: «Più che schiacciante – sorride Marco - è stata una vittoria divertente e anche sorprendente, direi inaspettata. Quando sono partito per Varese avevo due obiettivi: divertirmi e dare il massimo, senza avere rimpianti. Dalle batterie ho capito che stavo bene, ma non ho mai pensato alla vittoria. Solo dopo aver vinto la finale ho detto: “Sì, ce l’ho fatta, ho vinto”. Anzi no, diciamo che a metà gara della finale, quindi ai mille metri, dove avevo già un vantaggio di qualche secondo, avevo capito che ce l’avrei fatta».
Cosa rappresenta nella sua giovanile carriera questo straordinario successo?
«Un sogno che si realizza, ma anche l’inizio di un percorso, perché questa medaglia d’oro dovrà essere il punto di partenza. L’anno prossimo, ad esempio, passerò dalla categoria Under 19 all’Under 23 e proverò a regalarmi un’altra stagione come questa. Quest’anno, prima dell’oro al Mondiale, avevo vinto il titolo italiano Under 19 e Under 23 in singolo, poi ho partecipato agli Europei U19 nel quattro di coppia e sono arrivato quarto. Ora farò le selezioni per gli Europei U23, ma saranno poi gli allenatori a scegliere. Le selezioni ci sono dopo Ferragosto, io sono pronto».
Come è nata la sua passione per il canottaggio e come ha cominciato a praticare questo sport?
«Ho cominciato casualmente a 13 anni, quando ero in prima media e mi ero stufato di giocare a calcio. Da 6 anni ero al Low Ponte, ma il pallone non faceva per me e scelsi di smettere. Durante un colloquio con mio padre alla Ricci-Muratori, il professor Squarzoni di ginnastica gli suggerì di provare con altri due sport molto diversi dal calcio: il canottaggio e il rugby. Visto che non avevo avuto fortuna in uno sport di squadra, scelsi il canottaggio. Ed è stato amore a prima vista. Al professore devo quantomeno un favore». 
Cosa sapeva del canottaggio?
«Nulla. Ma quando sono andato per la prima volta alla Standiana, beh, ho detto che avrei voluto cominciare subito. Mi hanno accolto bene, prima nel gruppo non agonistico. Ricordo ancora che facevamo i bagni nel lago dopo l’allenamento, era davvero bellissimo. L’impatto con il canottaggio è stato traumatico: pesavo parecchio e all’inizio cadevo spesso in acqua, perché mi sbilanciavo e non riuscivo a stare in equilibrio. Poi, nel giro di un paio di anni, ho perso qualche chilo e sono passato al gruppo agonistico. Ringrazio Valeria, che mi ha aiutato in questo percorso anche fisico, e naturalmente i miei allenatori Thomas Cervellati e Paolo Di Nardo».
Qual è stata la difficoltà più grande nell’impatto con la nuova disciplina?
«L’inizio, il trovare la continuità. Non sono una persona a cui interessa vincere o perdere, l’ho fatto perché mi piaceva e perché mi divertivo. Ho continuato e tutto è venuto spontaneamente e naturalmente».
Qual è la sua settimana-tipo?
«Dipende dai periodi o dalle gare. A Ravenna facciamo nove allenamenti a settimana: due giorni c’è il doppio allenamento, con vogatore a casa e nel pomeriggio remi e pesi. Negli altri giorni solo pesi e remi».
Cosa l’ha colpita del canottaggio?
«Tutto. Stare dentro una barca sull’acqua, ma anche la location. Gareggi sempre in un panorama meraviglioso, anche se la cosa più bella è remare da solo, in mezzo all’acqua, in paesaggi da cartolina».
Qual è il suo sogno nel cassetto?
«Le Olimpiadi non sono un sogno, ma qualcosa più di un sogno. Vedremo… Nel frattempo finisco di rispondere gli ultimi messaggi che ho ricevuto dopo la gara di domenica a Varese».
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