Basket B, Rubbini è un emiliano diventato romagnolo: "A 20 anni non ho paura di guidare la Rekico Faenza"

Romagna | 06 Settembre 2019 Sport
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Valerio Roila
Spesso c’è di mezzo il calcio. Poi, naturalmente, i rapporti di vicinato, che creano quei sentimenti di amore ed odio, indissolubili legami che riecheggiano in quel «non posso vivere con o senza di te» sentenziato in modo nitido e semplice dalle strofe di Bono e degli U2. La rivalità tra emiliani e romagnoli resta invece sfumata, come quei confini che ognuno traccia in maniera arbitraria dalle parti del Sillaro. Ed è confutata da Michele Rubbini, bolognese di nascita e di scuola cestistica (Virtus), che sembra essersi invaghito della parte orientale della regione. Un’esperienza fondamentale in quel laboratorio che è stato per un paio di anni l’Orva Lugo, la chiamata di Ravenna, con l’ascesa all’Olimpo della A2, ed ora il play-guardia classe 1999 si rimette in discussione nella rinnovata Faenza, per completare il tour.
Michele, dica la verità. Ormai sa cosa sono sciucaren e caveja, gioca a maraffone e cena con cappelletti e sangiovese? 
«Sì, conosco già tutto (ride, ndr). Scherzi a parte, questa rivalità non l’ho mai sentita, qui si vive benissimo, sono vicino a casa e sono contento che continuino a cercarmi».
Ha firmato presto per la Rekico, quando aveva diverse richieste. Le hanno fatto la classica proposta che non si può rifiutare? 
«È vero, avevo altre proposte e tanto tempo per valutarle, ma ho fatto una scelta personale precisa. Conoscevo Faenza, una piazza importante in cui ero stato a giocare con Lugo. Il Pala Cattani ed il pubblico manfredo mi hanno affascinato, perciò non ho avuto dubbi ed ho deciso in fretta».
I Raggisolaris si presentano come una squadra molto giovane, in cui chi ha maturato importanti esperienze, come lei, non avrà la scusante dell’età: le verrà chiesto subito di dimostrare quel che sa fare. È pronto per questa responsabilità, a 20 anni? 
«Sì, perché non ho paura di prendere decisioni, l’età conta il giusto, ed ha ragione coach Friso a non considerarci giovani solo per il fatto anagrafico».
Lei è una «combo guard», a suo agio sia come play che guardia tiratrice. Per ora cosa le ha chiesto Friso ed in quale posizione ha sentito le migliori sensazioni, durante la preparazione? 
«Il coach mi chiede di saper gestire e calibrare la squadra, comprendendo quale sia il momento di spingere o di ragionare. Mi piace giocare in entrambe le posizioni, anche se adoro avere la palla in mano e poter mettere in ritmo i compagni».
Quali sono le sue sensazioni in merito alla squadra e quale idee si è fatto sui possibili obiettivi? 
«Il gruppo è fantastico e lavora con intensità. Sappiamo che avremo vita dura, con cinque o sei squadre che puntano alla promozione, ma vogliamo agire da outsider e mettere in difficoltà chiunque, senza guardare in faccia a nessuno. Gli obiettivi dobbiamo saperceli costruire strada facendo».
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