«Ravenna-Belarus», dal 1999 l'accoglienza dei bambini di Chernobyl

Romagna | 02 Giugno 2021 Mappamondo
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Barbara Gnisci
Centoventi giorni all’anno durante i quali instaurare una relazione di aiuto e uno scambio continuo. Quattro mesi per focalizzarsi su un progetto che nasce per risanamento, ma che inevitabilmente nel tempo diventa anche un progetto di vita specifico per ogni ragazzo accolto.  Sedici settimane per offrire opportunità formative di crescita, strumenti per effettuare libere scelte e per creare legami che vadano al di là dei confini spaziali, temporali, culturali e oltre alle singole aspettative nel tentativo di riunire il presente alle radici di ognuno: «L’accoglienza di un minore in difficoltà è un’esperienza diversa da quella dell’adozione e dell’affido, ma ugualmente importante e diretta, in grado di creare una relazione profonda. Potremmo definirlo un legame genitoriale “a tempo”, anche se solo apparentemente, perché le famiglie restano un punto di riferimento significativo nella loro vita». A parlare è Giuseppina Torricelli, presidente di «Ravenna- Belarus», che accoglie minori bielorussi orfani o orfani sociali provenienti dalle zone contaminate dopo l’incidente di Chernobyl: «È dal 1999 che ogni anno accogliamo in famiglia 60/70  bambini di età compresa tra i 7 e i 17 anni, anche se ora sono diminuiti. Dal 2011 ospitiamo in struttura bambini con malattie oncologiche, insieme ai loro medici, infermieri ed educatori». Nemmeno il Covid ha fermato la solidarietà di questa associazione: «L’ultima volta che abbiamo visto i nostri ragazzi è stato a gennaio del 2020. In questi mesi di Covid li abbiamo “tenuti stretti” intensificando i rapporti con i direttori degli orfanotrofi di provenienza e con le famiglie, grazie alla rete di relazioni costruita dall’associazione nel tempo e con il supporto del nostro referente estero e dei responsabili dei servizi sociali bielorussi. Sono stati inviati pacchi con beni di prima necessità, scambiate lettere e messaggi. Gli stessi direttori hanno realizzato e inviato alle famiglie brevi ed emozionanti video». Ma non c’è solo l’affetto, ad arrivare nella regione di Brestskaia, dove hanno sede gli istituti: «Siamo riusciti a far allestire una sala di musica per la riabilitazione e le attività ludico-ricreative nel “Centro territoriale per disabili” che accoglie bambini e ragazzi a Pinsk. Ciò che abbiamo tentato di fare in questo periodo così complicato è stato ampliare la rete di aiuto direttamente in loco». Dal 2019 è in corso, ora interrotto dalla pandemia di Covid, un progetto strategico di cooperazione sanitaria, in rete con altre associazione, che prevede per «Ravenna-Belarus», la formazione di un medico oncologo, di uno psico-oncologo e di un’infermiera dell’ospedale di Pinsk: «L’obiettivo è far acquisire competenze di alta specializzazione in campo oncologico infantile e femminile, attraverso la formazione, divulgazione e condivisione di protocolli terapeutici, al fine di migliorare  la qualità dei sevizi sanitari offerti ai pazienti, creando insieme buone pratiche misurabili, riproducibili e sostenibili. Il personale medico bielorusso sarebbe dovuto arrivare a maggio 2020 e ora speriamo di ripartire il prossimo settembre. A oggi non sappiamo nemmeno se potremo realizzare i progetti di accoglienza estiva e riabbracciare i nostri ragazzi, ma noi non smettiamo di sperare. Siamo qui ad aspettarli».
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