Sandro Bassi - Dieci anni fa, nel gennaio 2013, nasceva la «Macroarea» delle aree regionali protette, poi trasformatasi in Ente Parchi e Biodiversità Romagna. Tale struttura prendeva il posto dei vecchi «consorzi di gestione», ma aldilà delle burocrazie si trattava e si tratta di un parco regionale, quello della Vena del Gesso, tre riserve naturali (Bosco della Frattona di Imola, Bosco di Scardavilla a Meldola, Grotta e Gessi di Onferno, più una trentina di Sic (Siti di Importanza Comunitaria) facenti parte delle rete «Natura 2000» ai sensi delle nuove disposizioni europee. E’ ovvio che il primo, cioè il Parco della Vena del Gesso, sia per estensione (oltre 6mila ettari) sia per valori naturali, rappresenta l’area più importante e anche un po’ con funzione di «traino» delle altre. Le tre riserve sono piccole e a gestione comunale, quindi agili, quasi autonome, comunque con un regime gestionale abbastanza semplice. Al direttore del Parco Vena del Gesso, Nevio Agostini, chiediamo delucidazioni.
Agostini, i rapporti con le tre riserve sono ancora così?
«Sì e no, nel senso che le tre riserve hanno una quasi completa autonomia gestionale però oggi noi, oltre a finanziarle, cerchiamo anche collaborazioni fattive».
Ad esempio?
«Con Scardavilla abbiamo un progetto sulle testuggini palustri e con la Grotta di Onferno il percorso del riconoscimento Unesco perché, pur essendo nel riminese, è una grotta simile alle nostre, sempre in gessi messiniani e con caratteri molto interessanti, peculiari, che quindi può arricchire tutta la candidatura».
Dieci anni fa c’era il problema di controllare tutta la perimetrazione del Parco della Vena, instaurare un miglior rapporto con gli agricoltori, strutturare meglio il personale interno... Oggi invece?
«Oggi si tratta di migliorare comunicazione e promozione, però siamo “in discesa”, con progetti già realizzati che hanno solo bisogno di essere lanciati».
Cioè?
«Abbiamo due strutture appena inaugurate, cioè il Museo di Geologia a Tossignano e il Centro Visite sul Carsismo e la Speleologia a Borgo Rivola che aspettano solo una definitiva promozione; poi il Giardino Officinale di Casola Valsenio (di proprietà regionale ma da qualche anno passato come affidamento dal Comune di Casola al Parco, ndr) che sta in piedi sulle sue gambe, d’accordo, è già molto visitato, certo, ma con cui concordiamo ulteriori iniziative; e poi la nostra gemma più apprezzata che resta il Carnè...»
Ha compiuto cinquant’anni ed è un po’ il vostro simbolo, vero?
«Sì, come estensione è una piccola parte del Parco regionale, ma da oltre cinquant’anni fa da biglietto da visita ed è è molto frequentato anche grazie ai servizi (rifugio, ristoro, tavoli all’aperto, prati e un’ottima rete di sentieri) su cui abbiamo ulteriormente investito. Però investiamo anche negli immediati dintorni che sono, per così dire, satelliti del Carnè».
Lì cosa fate?
«Al Geoparco del Monticino di Brisighella abbiamo rifatto segnaletica, cartellonistica e restaurato i sette animali preistorici che attirano molto i bambini - e non c’è nulla di male - ma che sono ricostruzioni scientifiche, perfette oltre che spettacolari, degli animali di 5 milioni di anni fa di cui sono stati trovati i resti fossili».
«Infine posso dire che intendiamo valorizzare la Cava Marana, per ora visitabile - e molto visitata - quasi solo in occasione dei concerti serali estivi, ma che è un luogo unico per suggestione ambientale: basti citare le scene di “Diabolik” che sono appena state girate; in quell’occasione, trattandosi di attività commerciale, l’abbiamo concessa a pagamento, richiedendo un affitto, ma i concerti finora sono sempre stati gratuiti e, come detto, intendiamo aprirla al pubblico maggiormente, magari con apposite visite guidate; così come vogliamo promuovere ulteriormente la Grotta Tanaccia di Brisighella e anche i querceti che, migliorati dal Progetto Life commissionatoci dall’Europa, hanno visto ultimati i lavori forestali propriamente detti ed ora aspettano solo di esser mostrati al pubblico e valorizzati».