Wayne Marshall al Pala DeAndrè con la Cherubini apre il Festival

Tecnicamente non è l’apertura del Ravenna Festival 2018 ma non c’è dubbio che il primo grande evento del calendario bizantino sarà proprio quello che, lunedì 4 giugno alle 21, riporterà l’orchestra giovanile Cherubini sul palcoscenico del Pala De Andrè, sotto la direzione di Wayne Marshall. L’ormai solidissimo direttore britannico avrà così l’onore e l’onere di introdurre il pubblico a quel lungo e complesso viaggio in tutte le sfaccettature del sogno americano che fa da fil rouge dell’intero Festival, prendendo spunto dalle celebrazioni in corso per i 100 anni di Leonard Bernstein, uno dei pilastri della musica colta americana che nel corso del ‘900 ha veramente colonizzato i suoni e l’immaginario del resto del mondo.
L’apertura del concerto, che è «organizzato» in una convincente scaletta filologica, è affidata a tre composizioni di Maurice Ravel, autore pertinentissimo al sottile escapismo della serata, non solo perché i brani in programma sono tutti ispirati a suggestioni geografiche (la Spagna di Alborada del gracioso, Vienna in La Valse e Parigi in Tombeau de Couperin), ma anche perché il maestro francese fu influentissimo sulla composizione a stelle e strisce.
E parliamo di «escapismo» perché in effetti la narrazione che il Festival propone sulla musica americana del Secolo Breve deve appunto fare i conti con il fardello eurocentrico di una tradizione e di una cultura che davvero ridussero in soggezione, per decenni, i compositori americani. Leonard Bernstein, nei tre movimenti del musical On the Town che Marshall e la Cherubini suoneranno al Pala De Andrè, in un certo senso rivendica con fierezza la bellezza del Grande Paese, raccontando in musica l’approdo di tre marinai a New York, città che li folgora.
La chiusura sarà un omaggio a un altro titano della musica a stelle e strisce, George Gershwin, con la celeberrima An American in Paris, che in pratica inverte le immagini evocate da Bernstein, rivelando ammirazione, estasi e sottile nostalgia per il Vecchio Continente. E proprio Gershwin fu tra i compositori statunitensi più influenzati da Ravel – ecco che la scaletta del concerto chiude un cerchio -, che a sua volta aveva attinto, pionieristicamente, al folklore americano e arrivò a dire al compositore della Rapsodia in blu: «Perché dovresti essere un Ravel di secondo livello gli disse -, quando puoi essere un Gershwin di primo livello?». E’ anche da questi confronti che prendono forma i «sogni». (f.sav.)