Ravenna, Montanari (Ascom Abbigliamento): "Sui vestiti mancano linee guida, sanificare sarà un problema"

Ravenna | 03 Maggio 2020 Cronaca
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Federica Ferruzzi - Chi vende abbigliamento per bambini ha avuto la possibilità di far ripartire l’attività subito dopo Pasqua, ma la mancanza di regole chiare ha fatto desistere molti. In attesa del prossimo 18 maggio, data in cui l’intero settore dell’abbigliamento potrà provare a ripartire, abbiamo parlato della situazione con Roberto Montanari, commerciante e presidente sindacato tessili abbigliamento calzature Ascom. 
Montanari, alcuni negozi a Ravenna hanno riaperto, ma quali sono le misure che si devono rispettare in materia di sanificazione?
«Attualmente non c’è una linea guida. Alcune di quelle che sono state avanzate sono improponibili perché necessiterebbero di macchinari che spesso sono più grandi del negozio stesso. Sono d’accordo sulla necessità di sanificare gli ambienti, ma farlo con i capi diventa impossibile. Quali prodotti si dovrebbero usare? Come vanno spruzzati? Converrebbe ridurre i negozi e allargare i camerini, ma ovviamente non per tutti è possibile. Se ogni commerciante portasse un capo in lavanderia cosa succederebbe? Gli verrebbe reso dopo sette giorni, con conseguente perdita di tempo e ovviamente di soldi. L’obbligo di sanificare i capi porterebbe alla chiusura di molti. Quello che non ha fatto il registratore di cassa lo farebbe la sanificazione. Ma poi, siamo sicuri che il Covid 19 rimanga sui tessuti? Anche per questa domanda le risposte sono le più diverse. In questo periodo, poi, siamo bersagliati da suggerimenti di acquisto di prodotti di sanificazione, se uno si fa prendere la mano rischia anche di riempirsi la casa e il negozio di prodotti che poi non servono».
A cosa pensa porterà questa incertezza?
«Penso che, vista la situazione, qualcuno stia pensando di non aprire. Ho sentito colleghi, ravennati e non, che stanno valutando l’idea di chiudere, con conseguente disagio dei commessi che si troveranno senza lavoro. Il settore è in crisi, manca la liquidità e gli aiuti non stanno arrivando».
Pensa che qualcuno si trasferirà sull’on-line?
«Vendere on line non è così remunerativo come si potrebbe pensare. Io però consiglio a tutti, compresi i colleghi di altri settori, di creare una vetrina virtuale: il fatto di essere presenti nella Rete può far venire voglia di muoversi a colpo sicuro. Lo so, è il contrario di quello che avviene ora, momento storico in cui le persone vanno in negozio, provano un capo e poi lo acquistano su internet, ma penso che possa funzionare. Viviamo in un periodo in cui c’è voglia di trovare occasioni per scambiare una parola in più con l’altro, vedere una faccia nuova per socializzare anche se a metri di distanza. Per questo penso che se uno conosce la tua offerta e la valuta giusta per sé preferisca venire in negozio e ricercare uno scambio con l’altro».  
Al di là dei controlli sui negozi fisici, chi si occupa di vedere se i vestiti  resi on line vengono sanificati?
«Nessuno. E’ il solito discorso di avere due pesi e due misure e al momento mi risulta che non ci siano verifiche». 
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