Ravenna, l'attore Alessandro Renda immagina il ritorno a teatro "Più repliche e spettatori distanziati"
Federica Ferruzzi - La vita, così come il teatro, a volte può essere paradossale, come viene da pensare se si riflette sul fatto che il debutto teatrale fissato per maggio e firmato da Teatro delle Albe - Ravenna Teatro e la compagnia americana Theatre Gigante, ma annullato a causa del Covid 19, avrebbe avuto per tema un confronto sulle paure dell’oggi avanzato da entrambe le parti dell’oceano. Un progetto a cui l’attore ravennate Alessandro Renda sta lavorando da due anni e che al momento si pensa di portare in scena nella migliore delle ipotesi solo da ottobre in poi. Da marzo Ravenna Teatro ha interrotto l’attività degli uffici e la tournèe di spettacoli quali Va pensiero, Fedeli d’amore e Thiorò, la storia di cappuccetto Rosso in versione senegalese interpretata da attori che, a causa della sospensione di molti voli, non sanno quando potranno rientrare dalle loro famiglie. Un’ incertezza che pesa sull’intero comparto e che mette in difficoltà tutti, dai tecnici, agli organizzatori, agli attori. «Ci stiamo interrogando su come poter proseguire l’attività -riflette Renda -, nella consapevolezza che i teatri saranno tra gli ultimi a potere riaprire. Mi piacerebbe se si potesse ritornare in sala in ottobre, eventualmente con gli accorgimenti necessari, con spettatori distanziati, mascherine o un maggiore numero di repliche di uno stesso spettacolo, ma nemmeno i virologi, ad oggi, possono dirci qualcosa di chiaro. Il teatro è l’arte della condivisione, dello stare insieme, della fruizione comunitaria: l’attore è quell’essere tremolante che sulla scena si nutre dell’ ‘aria’ che condivide con gli spettatori, in un atto di creazione che si fa sempre collettivamente. Oggi è invece proprio quell’ ‘aria’ a farci paura». E torna alla mente la replica dello spettacolo ‘I Polacchi’ fatta in Iran dove gli attori non potevano toccare Ermanna Montanari in quanto donna. «In quel caso abbiamo dovuto ripensare il nostro stare sul palco, ma sarebbe terribile immaginarsi di procedere anche qui in maniera simile. In alcuni giorni questa angoscia sale e immagino un futuro distopico da qui a pochissimo, altri giorni sono più positivo e spero si trovi una cura e si torni ad una sorta di normalità. Di solito il teatro rifugge dalla normalità, dalla quotidianità, dalle abitudini, ma in questi giorni queste parole suonano diversamente».