Ravenna, il 22 un incontro pubblico sul gioco d'azzardo, la testimonianza di un ex giocatore

Ravenna | 08 Ottobre 2017 Cronaca
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Si svolgerà alle 10.30 di domenica 22 ottobre alla casa del volontariato di via Oriani 44 la riunione per affrontare il tema del recupero della malattia da gioco d’azzardo. L’incontro è organizzato dai giocatori anonimi e l’unico requisito per divenirne membri è il desiderio di smettere di giocare. «Non vi sono quote o tasse da pagare - sottolineano dall’associazione - noi siamo autonomi mediante contributi propri. Il nostro scopo è astenersi dal gioco ed aiutare altri giocatori compulsivi a fare lo stesso». La riunione è aperta a tutti, professionisti, medici, istituzioni, operatori nel settore dell’auto-aiuto, «ma soprattutto a chi voglia fermare la ‘malattia del gioco compulsivo’». I gruppi si riuniscono tutti i mercoledì e giovedì dalle 21 alle 23. Info.: tel. 366/9768038, mail ravenna2@giocatorianonimi.org; tel. 347/6485617, mail: ravenna1@giocatorianonimi.orgLA TESTIMONIANZA Per trent’anni è stato un giocatore, si è nascosto dietro ai problemi e ha raccontato bugie, poi ha capito che da solo non ce l’avrebbe mai fatta e si è rivolto al gruppo di giocatori anonimi della sua città, Ravenna. Oggi Paolo, per tutti Paolino, è lontano dal gioco da otto anni e svolge servizio nei gruppi di giocatori anonimi. «Ricordo ancora quel 27 maggio del 2009, quando mi presentai all’incontro: avevo bisogno di aiuto, sapevo di avere bisogno di una mano dall’esterno. Il mio recupero è iniziato quella sera, quando mi misero una mano sulla spalla e mi dissero ‘fatti coraggio sei nel posto giusto’. Oggi posso dire che quella mano mi ha salvato la vita». Una vita che fino a quel momento era stata fuori controllo, fatta di bugie raccontate ai genitori ma non solo. «A 14 anni, con l’avvento delle prime macchinette, giocavo ai video poker, ricordo che c’era ancora la lira. Poi, andando avanti, non mi sono più bastati i soldi e dicevo bugie per portarne via il più possibile ai miei genitori. Mi ripetevo che nel momento in cui avrei avuto una ragazza avrei smesso di giocare, ma così non è stato e il gioco ha inghiottito tutto». Neanche l’arrivo di un figlio, avuto da una compagna conosciuta successivamente, lo ha allontanato dal gioco. «Mio figlio è nato e io ero a giocare. Sono stato scoperto solo quando ho rubato il bancomat alla mia compagna, nostro figlio aveva tre mesi. Mi sono ritrovato fuori casa e mia sorella mi ha portato dal medico di famiglia, che mi ha convogliato al pronto soccorso, dove mi hanno fatto una flebo e da lì sono stato inviato al Ser.T, dove mi è stato dato il numero dei gruppi di giocatori anonimi. Da lì è iniziato il mio recupero. Se prima il gioco mi annientava, oggi riesco a godermi una giornata di sole e a gioire per il tempo trascorso con mio figlio. Sono consapevole di avere una malattia, ma so anche che la posso tenere controllata scegliendo di non giocare. La sofferenza di prima, senza gioco si è trasformata in gioia di vivere e mi sono accorto che dovevo dare indietro quanto avevo ricevuto: aiutare gli altri era un modo per aiutare me stesso. Dare qualcosa senza pretendere nulla in cambio ha fatto in modo che ricevessi. Io ci ho messo trent’anni per capirlo e ognuno ha i suoi tempi, ma ci si salva solo se si afferra la mano che ti viene offerta per uscirne. Nessuno si salva da solo».
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