Ravenna, Commercio: nei primi sei mesi chiuse 133 attività commerciali e 56 tra bar e ristoranti a fronte di 75 e 29 aperture

Ravenna | 09 Novembre 2018 Cronaca
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Federica Ferruzzi - Le attività commerciali del centro storico non se la passano bene: se il 2017 è stato un anno negativo per i negozi di Ravenna, pare non vadano meglio i primi sei mesi del 2018, come riportano i dati del registro imprese della Camera di Commercio. Ad illustrarli è Roberto Lucchi, direttore di Confesercenti, che ricorda come, nei primi sei mesi di quest’anno, le aziende che hanno cessato l’attività abbiano superato le aperture. «Nel settore del commercio se ne sono iscritte 75 e in quello del turismo 29, mentre le aziende che hanno chiuso i battenti sono state, rispettivamente, 133 e 56». Se si sfogliano i dati del 2017, nell’ambito del commercio c’erano state 147 iscrizioni, mentre tra bar e ristoranti le nuove attività erano state 60. «Non è poco - analizza Lucchi - se pensiamo che il dato si riferisce ad un anno e riguarda il solo comune di Ravenna, ma se guardiamo le cessazioni vediamo che a tirare giù la saracinesca sono state, rispettivamente, 243 attività nel commercio e 89 nel turismo. Il saldo è quindi abbastanza negativo e riguarda, in particolare, il campo dell’abbigliamento, delle edicole, i negozi di mobili, le calzature e gli agenti di commercio». Un bilancio che a Ravenna sarebbe ancora più negativo se non ci fosse stato un aumento di aziende che vendono auto usate. «Si tratta di un fenomeno che registriamo da tempo - prosegue Lucchi - e che ci fa essere tra i primi posti in Italia per l’iscrizione di questo tipo di aziende. Si tratta prevalentemente di cittadini stranieri che decidono di prendere questa autorizzazione. Paradossalmente, quindi, i numeri sarebbero ancora più alti se non ci fosse stato questo aumento». Una situazione che, a detta dei diretti interessati, è diventata pesante «e che - prosegue il direttore - evidenzia un aumento dei consumi sempre più critico. Sono stati sei mesi di fiacca, ma anche questi ultimi tre non sono stati da meno e temo che anche l’ultima parte dell’anno sarà contrassegnata da un riscontro negativo. Anche per questo avremmo preferito una manovra finanziaria che diminuisse i costi del lavoro e le tasse: siamo d’accordo sullo scongiurare l’aumento dell’Iva, ma ci auguriamo che la manovrra aiuti le imprese nella diminuzione dei costi. Un altro tema importante, che sarà anche il nostro pallino ma lo vogliamo ripetere di nuovo, dal momento che a Ravenna sono previsti tanti centri commerciali, è che varrebbe la pena procedere con la moratoria che chiediamo da tempo: altri due centri oltre a quelli che già ci sono sarebbero un ulteriore duro colpo al commercio». Tra le possibili cause di chiusura, per Confcommercio non mancano i numerosi costi fissi che, stando ad una recente indagine, per un’attività di medie dimensioni ammontano a circa 68mila euro l’anno. Il peso maggiore riguarda l’affitto del locale, che comporta invece una spesa di circa 30mila euro l’anno. Oltre duemila euro se ne vanno in energia, 1.600 in spese telefoniche, così come il gas, che comporta un costo medio di 1.500 euro. Per la sicurezza si spendono 600 euro, mentre per gli addobbi natalizi non si investono mai meno di 150 euro. Una delle voci maggiori è quella che riguarda il personale: per 40 ore la settimana, un commesso di quarto livello costa al datore di lavoro 31mila euro all’anno, mentre per un terzo livello il costo sale a 35.600. Una spesa che in molti casi, come sottolinea il presidente provinciale di Confcommercio, Paolo Caroli, «diventa insostenibile e porta alla morte dell’attività nell’arco di un anno».
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