Ravenna, Associazione Porte Aperte: "Servizi psichiatrici, serve una presa in carico globale del paziente"

Ravenna | 03 Novembre 2018 Cronaca
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Silvia Manzani -«Siamo soddisfatti che da due anni a questa parte, in provincia di Ravenna, sia stato scelto di non contenere più le persone. Ma il grosso resta ancora da fare». Valerio Cellini è il presidente dell’associazione Porte Aperte che dal 1995 porta avanti le istanze dei familiari dei pazienti psichiatrici. Dopo anni di battaglie a muso duro, un vento di innovazione è arrivato anche a Ravenna, anche se, in Italia, solo in venti Spdc su cento la contenzione non è più una prassi: «Nonostante la legge 180 del 1978 e la convenzione Onu sui diritti delle persone disabili parli di non violenza, libertà e autodeterminazione, in generale ci sono retaggi legislativi che portano, in caso di necessità, a legare le persone. Cosa che a suo tempo denunciammo anche localmente: ricordo ancora la lettera di una nostra socia che descriveva l’esperienza tremenda di trovare il figlio legato». Quando tutto questo è stato solo un brutto ricordo, Porte Aperte ha festeggiato, non smettendo però di mettere in evidenza problemi e criticità: «In reparto oggi il clima è sereno e positivo, tanto che anche mio figlio, che ha 48 anni, quando è nervoso minaccia di tornarci, perché si sta bene. Lo stesso tipo di ambiente, però, dovrebbe esserci anche negli ambulatori dei centri di salute mentale, nelle residenze, nei centri diurni. Se, invece, in questi posti non si lavora sul dialogo e sulla fiducia, si rischia che le persone arrivino in Spdc piene di rabbia, impaurite e non disposte a collaborare. E da qui al conflitto e alla violenza, il passo è purtroppo molto breve». Ma c’è dell’altro: «Insistiamo da tempo sul fatto che le persone vadano prese in carico in maniera globale, non solo per la parte che riguarda la malattia, che sia una psicosi o la schizofrenia. Occuparsi solo del disturbo psichiatrico, magari puntando esclusivamente sui farmaci, porta a una cronicizzazione. Ed ecco tutti i problemi legati alla vecchiaia dei pazienti, al ‘dopo di noi’ ma anche al ‘durante noi’. I progetti di vita sono importantissimi, fondamentali. Ma qui si rischia di ragionare solo sul momento e sul breve periodo». Per Cellini la questione ha molto a che fare anche con i servizi appaltati al mondo della cooperazione sociale: «La cooperativa San Vitale, per esempio, è molto avanti sugli inserimenti lavorativi. Ma se dovesse non avere più vincere una gara, un giorno? Tante competenze svanirebbero». Sulla formazione e la conoscenza, del resto, Cellini è perentorio: «L’Ausl ci risponde spesso che non ci sono i soldi per assumere più professionisti, che non si trovano gli psichiatri, che non si riescono a formare delle équipe. Noi diciamo, invece, che il lavoro in équipe equivale a fare formazione in tempo reale, perché permette di far circolare le competenze e di diffondere empatia. Per ragioni sia oggettive che soggettive, tutto questo fatica ancora a essere compreso a pieno».
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