Ravenna, alla scoperta dell'arte contemporanea, spesso sepolta tra le erbacce

Ravenna | 08 Giugno 2018 Cronaca
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Alzi la mano chi sa che la struttura che campeggia a fianco del Pala De Andrè, quella arancione che può sembrare un intreccio di mani o, com’era nell’intenzione dell’artista, la carena di una nave rovesciata, è di Alberto Burri, uno degli artisti più importanti del Novecento insieme a Lucio Fontana. O chi immagina che la base della scalinata del Felliniscalinocinque, in piazza Kennedy, su cui oggi incuranti avventori appoggiano i bicchieri durante l’aperitivo, sia in realtà un’opera artistica realizzata da Nicola Carrino, scomparso poche settimane fa. A differenza di queste due opere, che sono comunque visibili, è sicuramente molto più difficile notare quella di Sergio Monari, che giace in mezzo alle sterpaglie in un angolo recintato di piazzale Torre Umbratica, completamente avvolta dalle erbacce. Originariamente l’ opera faceva parte della riqualificazione del parcheggio e fu donata dalle Officine Presentati al Comune di Ravenna. La scultura dovrebbe funzionare come una sorta di faro ed essere illuminata dal basso, ma il collegamento non è mai stato attivato. Un’ opera che invece è diventata una sorta di icona di Ravenna è il cavallo che troneggia di fronte al Mar di via di Roma, lasciato da Mimmo Palladino in deposito al Comune dopo una mostra. L’ opera venne eseguita dalle Ceramiche Gatti di Faenza, città natale di Carlo Zauli, artista che realizzò la fontana all’ ingresso dell’ ospedale ravennate. In pochi vi fanno caso, ma quando si varca il cancello, sulla destra, ci si imbatte in una struttura che risale alla metà anni ’70: una fusione in bronzo a cui però manca l’acqua e che sembra abbandonata, nonostante l’autore sia stato uno degli artisti romagnoli più importanti della seconda metà del ‘900. Stessa sorte per la fontana di Marco Bravura, l’Ardea Purpurea, situata a poche centinaia di metri di distanza, in piazza della Resistenza, che giace nell’indifferenza tra incrostazioni ed erbacce. L’ opera dell’artista ravennate che oggi vive e lavora in Russia, è stata recentemente oggetto di un’interrogazione da parte della lista civica di maggioranza «Ama Ravenna», che ha chiesto al Comune di riportarla al vecchio splendore. Del resto, che Ravenna non abbia mai avuto un buon rapporto con l’arte contemporanea lo dimostra un aneddoto raccontato dallo stesso Montanari in merito a Michelangelo Pistoletto, uno tra i più importanti artisti italiani viventi. Alcuni anni fa Pistoletto espose un’ opera in occasione della mostra «Arte Santa» curata da Achille Bonito Oliva al Mar. Trattandosi di una scultura in marmo di 6 metri, quindi assai pesante, decise di lasciarla in comodato alla città nel pratone davanti al museo, ma un consigliere comunale del Pri, forse troppo zelante, pretese che fosse multato per occupazione abusiva di suolo pubblico. «In questo modo – conclude Montanari – l’opera migrò per altri lidi più accoglienti». (Federica Ferruzzi, foto di Massimo Fiorentini)
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